Solstizio d'inverno

Quando il buio è al suo apice, la fase della quiescenza è al suo culmine, le ombre prevalgono sulla luce. Si viene dall'esperienza del ripiegamento lento ma inevitabile su se stessi, tutto l'ardore dell'espansione piena aveva raggiunto il suo culmine e la fase calante è servita poi a riflettere e rielaborare quanto accaduto e prepararsi alla discesa alla fase di chiusura e ripiegamento su se stessi. La fase di riflessione ha bisogno delle ombre, della stasi, della meditazione profonda per prepararsi alla successiva lenta rinascita. La notte più lunga dell'anno porta con se il mistero della conoscenza, il ritorno al silenzio interiore e al raccoglimento.
Non a caso in molte tradizioni, questo periodo coincide con le festività collegate al simbolo della natalità, della venuta di un'energia divina, nuova, che trasforma e che offre possibilità di cambiamento.
La natura stessa si spoglia di tutto quanto è superfluo, gli alberi delle foglie morte, i prati della loro erba. La temperatura tende al freddo, e induce a rimanere fermi, chiusi.
Questa condizione all'apparenza desolante ha un suo fascino, le lunghe notti invernali, stellate e lunari incantano, hanno un sapore di mistero, di magia e di fiaba. Le ombre si animano, e sono i riflessi stessi delle emozioni, sentimenti, pensieri che prendono vita e consentono di osservare dove si è e cosa si è; ci si ferma per fare il punto della situazione, prima di iniziare nuovamente a muoversi e ad agire.
Guardiamo ora cosa emerge dalle tradizioni iniziatiche e misteriche rispetto a questo periodo oltre che il suo inquadramento energetico e alchemico legato ai percorsi di consapevolezza.
"Yule è una festività solare e cade nel primo giorno d'inverno, molto piu' conosciuta come la notte del Solstizio Invernale.
Questo periodo, caratterizzato dalle feste dedicate al dio sole, veniva già festeggiato dagli antichi Egizi e nell'antica Roma, con i Saturnali, feste queste ultime che videro l'introduzione nelle celebrazioni di candele, canti ed orge.
La celebrazione del solstizio d'inverno si diffuse rapidamente in tutta Europa e nacque così nelle campagne la festività di Yule, legata alla celebrazione del sole e della madre terra che si prepara, riscaldata dai primi raggi, alla futura semina.
Il Cristo non è ovviamente da identificare nella figura di Gesù, perché l'etimologia della parola descrive uno stato, essere luce, una guida spirituale, Cristo è un Buddha, un Mahavira, lo stesso Gesù, tutte le grandi figure di illuminati della storia, di qui l'abbinamento inevitabile con il sole. Sole che feconda la terra così come il Cristo feconda le anime e le porta alla crescita e alla consapevolezza. La Terra, parte femminile, si dispone ad accogliere i semi della rinascita. Questo senso di rinascita collegato alle fasi dei cicli naturali, richiamano la festività del Natale e infatti:
Il solstizio d'inverno è ovviamente solo la prima fase di un ciclo che si evolve durante tutto l'arco dell'anno e culmina con il suo opposto il solstizio d'estate, tutto il ciclo rappresenta la spirale dell'eterno rinascere e trasformarsi.
Rispetto alle scienze tradizionali dell'esoterimo e dell'ermetismo si può citare un personaggio unico nel suo genere, Renè Guenon, che così descrive questo momento dell'anno:
(...) Abbiamo detto che le due porte zodiacali, le quali sono rispettivamente l'entrata e l'uscita della 'caverna cosmica', e che certe tradizioni denominano 'porta degli uomini' e 'porta degli dèi', devono corrispondere ai due solstizi; dobbiamo ora precisare che la prima corrisponde al solstizio d'estate, cioè al segno del Cancro, e la seconda al solstizio d'inverno, cioè al segno del Capricorno. Per comprenderne la ragione, occorre riferirsi alla divisione del ciclo annuale in due metà, una 'ascendente' e l'altra 'discendente' : la prima è il periodo del cammino del sole verso nord, che va dal solstizio d'inverno al solstizio d'estate; la seconda è quello del cammino del sole verso sud, che va dal solstizio d'estate al solstizio d'inverno. Nella tradizione indù, la fase 'ascendente' è messa in rapporto con il dêva-yâna, e la fase 'discendente' con il pitri-yâna, il che coincide esattamente con le designazioni delle due porte appena ricordate: la 'porta degli uomini' è quella che dà accesso al pitri-yâna, e la 'porta degli dei' è quella che dà accesso al dêva-yâna; esse devono quindi situarsi rispettivamente all'inizio delle due fasi corrispondenti, vale a dire che la prima dev'essere al solstizio d'estate e la seconda al solstizio d'inverno. (...) Infatti, la 'caverna cosmica' è qui considerata come il luogo di manifestazione dell'essere : dopo esservisi manifestato in un certo stato, quale per esempio lo stato umano, l'essere, a seconda del grado spirituale cui sarà pervenuto, ne uscirà per l'una o per l'altra delle due porte; in un caso, quello del pitri-yâna, esso dovrà tornare a un altro stato di manifestazione, il che sarà naturalmente rappresentato da un rientro nella 'caverna cosmica' così considerata; nell'altro caso invece, quello del dêva-yâna, non c'è più ritorno al mondo manifestato. Così, una delle due porte è tanto un'entrata quanto un'uscita, mentre l'altra è un'uscita definitiva; ma, per quanto concerne l'iniziazione. proprio questa uscita definitiva è lo scopo finale, di modo che l'essere, entrato per la 'porta degli uomini', deve uscire, se ha effettivamente raggiunto questo scopo, per la 'porta degli dei' (...).
Nella tradizione Taoista il solstizio d'inverno rappresenta l'elemento acqua, l'inverno, il freddo, l'oscurità, il momento più yin, meno attivo dal punto di vista energetico ma non per questo meno importante. Abbiamo detto che l'elemento è l'acqua; la stagione è l'inverno; l'organo di senso sono le orecchie, quindi l'udito; il colore è nero, scuro; il sapore salato; l'emozione la paura; il suono i gemiti.
Questa particolareggiata e suggestiva elencazione, richiama, con tutta evidenza la configurazione del primo chakra della tradizione hindu.
L'elemento a esso correlato è la terra rappresentata da uno yantra o mandala (i due termini in questo contesto possono essere intercambiabili) quadrato con 8 lance o folgori che escono disposte come la rosa dei venti. Un altro yantra compare in muladhara e cioè il triangolo chiamato Traipura o Kamarupa pervaso da un particolare soffio vitale, il kandaipa, visualizzato con l'aspetto di Kama, il dio dell'amore, rosseggiante come «dieci milioni di soli». Nel triangolo Traipura, i cui tre lati sono presidiati dalle divinità femminili Vama, Jyeshtha e Raudri, personificazioni di volontà, conoscenza e azione, risiede la dea Tripurasundari nella forma del suo bijamantra «klim».
Quattro è il numero della Terra, materia passiva che non crea ma contiene tutto ciò che si crea a partire da lei. Il suo valore è quindi di potenzialità.
Il quadrato è la rappresentazione geometrica del quaternario, è in tutte le tradizioni assimilato alla terra, che in questo senso diventa l'elemento base di partenza di tutti gli sviluppi successivi, l'insieme «coagulato» di tutti gli elementi che progressivamente troveranno una loro esistenza individuale. Il quadrato implica, infatti, un'idea di solidificazione e di stabilizzazione. Nel tempio indù il quadrato è fissazione, cristallizzazione dei cicli celesti.
La Terra è la Grande Madre da cui scaturisce ogni essere. Il significato stesso del nome di questo chakra, d'altronde, conferma il senso di «origine» che contraddistingue questo primo livello energetico: muladhara significa infatti «radice» ovvero principio-energia capace di assicurare sviluppo e nutrimento a ogni cosa. In questo chakra, quindi, la materia, coagulatasi, è onnipotente e «nutre» tutto il divenire. (Tratto dal sito www.alkaemia.it)