Respiro circolare e agonia premorte

10.09.2014

Affrontare un argomento come questo è sempre delicato perché va a toccare una delle grandi paure dell'uomo, la morte. E' troppo stimolante il flash che ho avuto nel mettere a confronto il respiro circolare e l'agonia premorte per esimermi dallo scrivere questo articolo. Non mi dilungherò sull'argomento morte perchè è stato trattato in tutti i modi e da tutte le angolazioni e implicazioni. Va qui solo un attimo accennato alla definizione che in oriente viene data di questo evento che è pari per importanza a quello della nascita. Invece di morte si dice "lasciare il corpo", da noi si dice quella tal persona è morta, di là si dice invece "ha lasciato il corpo". 

Già questa differenza appare fondamentale per l'approccio all'esperienza, nell'accezione occidentale la parola morte suscita un senso lugubre di fine, tutto termina, si spegne una luce e si piomba nel buio, di qui il timore, la paura finanche di parlarne. Con "lasciare il corpo" invece l'impostazione cambia completamente, la posizione da passiva diventa attiva, un passaggio, una trasformazione, un'ulteriore esperienza della vita c'è qualcosa o qualcuno che è venuto alla vita, transita nel corpo e poi lo lascia. Quindi presuppone una continuità percepibile solo con la consapevolezza e un lavoro di riappropiazione del senso di se, percorso di cui si parla in tanti altri nostri scritti e che qui vale solo la pena accennare per individuare il punto di contatto tra l'esperienza che si ha nella tecnica del respiro circolare e l'agonia premorte. 

Il respiro circolare è in realtà il respiro "naturale", alla nascita si respira in questo modo, basta osservare il bambino come solleva la pancia respirando fino al perineo, poi come abbiamo detto in altre occasioni per i motivi che sappiamo quando si cresce il respiro cambia e diventa corto, alto, se va bene arriva al secondo chakra, molto raramente arriva al primo. Ci arriva proprio riacquisendo la naturalezza stessa del respiro primordiale, la tecnica che permette questo ripristino naturale è proprio quello che in gergo viene chiamato "il respiro circolare", così definito perché assomiglia a un cerchio, meglio a un'onda che attraversa tutto il corpo dalla testa alla base della colonna vertebrale ed è accompagnato da un movimento del corpo di tipo appunto ondulatorio per assecondare il passaggio del respiro e renderlo sensa soluzione di continuità, non c'è intervallo tra inspirazione ed espirazione, in questo modo il respiro si lega e diventa "circolare" raggiunge in questo modo le profondità del primo chakra e va a stimolare l'energia primordiale che comprende tra la altre cose anche l'esperienza della morte come controparte della vita. 

In quel luogo ci sono tutte le emozioni primitive legate appunto alla crezione e alla distruzione, alla paura, all'aggressità, all'istintualità, questa parte viene anche definita il "cervello rettiliano". Ci si ricollega alla memoria ancestrale, al subconscio e al bambino interiore. E' facile immaginare quindi cosa accade quando il respiro, che è poi collegato direttamente alla coscienza, va a "rovistare" in quello spazio che è chiuso e "dimenticato" fin dai primi anni dell'infanzia (si calcola che il respiro cambia intorno ai 4 anni). Il fatto è che pur non andando a metterci naso quello spazio trasmette continuamente tutta una serie di impulsi sotto forma di emozioni, sensazioni e stati di coscienza che influenzano in modo determinante tutta l'esperienza di vita. 

Viaggiando legati al respiro si va a "visitare" a "guardare" quello spazio, non solo ma nel suo attraversamento del canale che conduce al primo chakra il respiro attraversa anche tutti gli altri, compreso il secondo dove si annidano tutte le emozioni legate al rapporto con l'altro, all'affettività, al senso di abbandono....una micidiale full immersion nel mare delle emozioni più intense, dolorose e in alcuni casi anche gioiose. Il respiro si modula alle esperienze che si vivono esteriormente e viene quindi "influenzato", in relazione al ritmo e all'intensità, dalla variabilità delle stesse e da come vengono "vissute". 

E' facile sperimentare questa condizione, basta provare a respirare in modo lento e profondo per qualche minuto perché tutto il fuori rallenti magicamente e venga ricondotto a se con la sensazione di distacco e indipendenza dall'esterno. Il respiro e la realtà esterna interagiscono e si influenzano a vicenda; un respiro corto e affannoso disegna e interpreta una realtà caotica e stressante che è tale però proprio perché il respiro e così. Il respiro circolare ripristina l'ordine primordiale riavvicina alla identità e rimette in sintonia l'apparire e l'essere, trasformando letteralmente il fuori che diventa unicamente uno specchio riflettente di quello che si è dentro. Il passaggio negli spazi dove si aggregano nodi emotivi e traumi provocano un "remember" e dei flesh spesso devastanti. 

In realtà è già difficile impostare "tecnicamente" il respiro per la disabitudine all'attenzione sullo stesso e per la rigidità posturale e muscolare del corpo, contrazione delle spalle, rigidità dell'addome, blocco del perineo ecc. La grande fatica iniziale è proprio quella di decontrarre il corpo e purtroppo rilassarsi è la cosa più difficile perché si tratta di un non fare di un mollare, quindi non si può cercare di decontrarsi perché ciò provocherebe ulteriore contrazione, concentrarsi sul respiro quindi è l'accogimento per uscire dall'impasse, oltre ad altri esercizi di bioenegetica appositamente studiati per rilassare le contrazioni muscolari tendinee e nervose profonde. Le due azioni combinate consentono di porsi nelle condizioni migliori per sperimentare il respiro circolare che a quel punto farà la sua parte. 

Tutto molto interessante ma dov'è però la similitudine tra questo respiro e l'agonia? Proprio nella fase iniziale di sperimentazione del respiro, quando l'opposizione del corpo e della mente e quindi anche dell'ego impediscono al respiro di scivolare via lungo la colonna vertebrale, questa opposizione si sostanzia in un irrigidimento inconscio del corpo che rende affannoso il respiro con un suono che somiglia tantissimo a quello prodotto nel respiro agonico. Questo irrigidimento è prodotto oltre che dal cercare di avere il controllo sul respiro per cui ci si sforza di respirare invece di lasciarsi respirare, dalle sensazioni che emergono sia a livello emotivo che fisico, tutto questo si traduce in una sgradevole sensazione di smarrimento e panico che accentua la tensione ci sono momenti in cui si pensa di stare respirando ed invece si è quasi in apnea, si avvertono formicolii in tutto il corpo, soprattutto nelle estremità, tensione al collo, alla mascella, il corpo inizia a muoversi e ad agitarsi da solo, ad un certo punto si perde il senso del corpo e si ha come la percezione di "stare morendo" il panico fa riprendere il controllo. 

La lotta continua per un po' fino a quando l'energia in espansione generata dal respiro totale non riesce a farsi largo in tutte le parti del corpo allora emergono sensazioni ed emozioni di ogni genere, dolore, piacere, gioia, pianto, risa, urla, fino a quando come una sorta di superamento di una soglia, accade una sorta di collasso improvviso, tutto si rilassa e si espande, il respiro fluisce libero, l'onda oscilla lentamente e armoniosamente dentro il tutto si traduce in una sensazione estatica.

Tornando alla fase agonica, lì la situazione è simile, l'energia sta lasciando il corpo ma fa fatica perché la mente e con essa il corpo si ribellano, perché attaccati totalmente all'esperienza di vita, quindi c'è anche in quel caso una contrazione e un respiro affannoso che è simile a quello iniziale della fase sopra descritta, qui in più si aggiunge la condizione di quasi incoscienza che impedisce di avere contezza del respiro e di avvertirlo come affannoso e contratto. Di fatto però se nel corso dell'esperienza di vita si è tornati al respiro naturale e circolare e che quindi questi è collegato alla coscienza, nella condizione strema del premorte il respiro rimane naturalmente circolare e consente quindi alla coscienza, legata al respiro, di seguire quest'ultimo nella sua azione di abbandono del corpo fisico esalazione dell'ultimo respiro. Collocarsi nel respiro quindi è, così come per la fase estatica della contemplazione di se, il mezzo per mantenere "viva" l'identità e indentificandovisi transitare nella condizione extracorporea. Osho dice che la morte è l'estrema più alta esperienza di vita, spesso la definisce "l'orgasmo supremo", a indicare che la sensazione dovrebbe essere simile a quella descritta nel ripristino dell'autentica dimensione del respiro circolare, ossia estatica.

A conclusione di questa riflessione non si può non citare ancora una volta Osho che definisce il respiro circolare la continuità della vita. L'assenza dell'intervallo tra l'inspirazione e l'espirazione è il superamento della morte, il punto di contatto tra l'essere e il non essere, l'identificazione con l'uno che interrompe la ciclicità temporale delle nascite e delle morti, l'abbandono della concupiscenza del corpo che induce a cercarne un altro per continuare l'esperienza di vita.