La vecchiaia

13.06.2012

L'età della cosiddetta decadenza, quando il corpo si avvicina alla fase risolutiva, quando sta per terminare il suo compito di supporto fisico all'esperienza del se. Ma è giusto definirla decadenza?. Riflettiamo, il bambino fino ai 3 o 4 anni non ha una personalità l'io non si è ancora formato, poi sappiamo come si forma, ma questo potrebbe essere oggetto di una lunga trattazione a parte.
Nella fase della vecchiaia l'ego così come si era prepotentemente strutturato nel pieno dell'esperienza di vita, comincia a disgregarsi anche senza un lavoro preliminare e tecnico indotto, per naturale consunzione. I segnali della disgregazione si leggono nella perdita della memoria e nell'attenuarsi delle progettualità futura.
C'è, in sostanza, un ritorno naturale al qui e ora a vivere quindi l'attimo presente, nella maggior parte dei casi in modo inconsapevole. Questo dice che l'ego basa la sua esistenza e la sua struttura sull'elaborazione della temporalità, creando il ricordo per il passato, e i desideri e i progetti per il futuro, inducendo quindi a percepire il presente come uno scorrere continuo tra il passato e il futuro, impedendo quindi l'esperienza diretta dell'essere.
Questa dinamica ha una sua esigenza evidente, cioè quella di permettere l'esperienza, altrimenti impossibile senza una proiezione scenografica. Quando l'esperienza volge al termine si smembrano tutti i supporti anche a livello fisiologico necessari perché l'ego generi l'esperienza. Gli anziani cominciano a non ricordare e a non progettare, perché non c'è né più bisogno, l'esperienza è al termine, l'io lascia il posto al se che si enuclea nel momento in cui si lascia il corpo.
Se però tutta l'esperienza viene interpretata unicamente attraverso i parametri dell'io, e non si attiva la consapevolezza non c'è indentificazione tra il se e l'esperienza. E la reiterazione di quest'ultima è inevitabile.