La relazione con l'altro

17.07.2014

Organizzarsi solo dal punto di vista mentale e delle intenzioni non è sufficiente per uscire dalla solite dinamiche della relazione con l'altro. Se prima non si "sana" la relazione con se stesso, si va sempre a cercare quel qualcuno o qualcosa che ti ricorda che cosa devi andare a cercare dentro di te. Cercare di aiutare l'altro è il riflesso della difficoltà ad aiutare se stessi. Puoi dare solo se hai qualcosa da dare, Osho dice che puoi donare solo se sei pieno di te, di energia, quello che trabocca va all'altro e lo "aiuta", ma non c'è in te l'intenzione di aiutare. Sei talmente pieno d'amore che di riflesso l'altro sta a sua volta bene e si ama. La ricerca di una relazione è una cosa naturale e sana soprattutto ad un'età di piena sperimentazione della vita e delle sue sfumature di relazione con l'altro la sessualità, il sentimento, i progetti di vita. L'ego è in piena espansione e quindi fa il suo "lavoro" ossia quello di farti fare l'esperienza di vita.

L'esperienza però serve anche a comprendere chi sei, e che cosa realmente vuoi, e qui entra in campo la consapevolezza, quando ci sono dei momenti ciclici e ripetitivi che ti rimandano sempre vecchie dinamiche indesiderate, non serve né la fuga, né cercare di aiutare l'altro. Si deve cominciare a lavorare su di se e per lavorare intendo orientare l'attenzione dall'esterno verso l'interno e la meditazione è il mezzo tecnicamente più adatto. Scoprire le ferite e gli abbandoni interiori, i desideri repressi, tutto il bagaglio pesante ereditato e in parte acquisito durante l'esperienza di vita. Il percorso imitativo è la prassi, l'io non ha molta fantasia e creatività, suggerisce programmi già pronti, ripetitivi, imitativi, ai quelli ci si adegua senza nemmeno rendersene conto, quando il modello suggerito dal programma non si realizza, il rapporto immaginato e desiderato che resta tale, per esempio, si va in crisi.....ed è questo il momento di comprendere che quel programma è fasullo e devi essere grato agli eventi e alle persone che incontri perché te ne fanno rendere conto, anche se la cosa può farti soffrire, di modo che tu comprenda che devi crearti il tuo programma, completamente indedito, non in "commercio". Per far questo il lavoro è prevede introspezione, ripulitura, decondizionamento, un lavoro "energetico". 


C'è la tendenza inconscia, quando prende il panico o la paura di andare a scoprire la fonte del malessere che c'è dentro, a scegliere vie più indolori e soft, tendenzialmente ci si avvicina a discipline dove è comunque presente una forma di controllo e di mediazione mentale, che utilizzano dinamiche di tipo psicologico, induzioni, deduzioni, intuizioni, interpretazioni simboliche ecc. In certi casi però il malessere e talmente profondo e radicato che non si può evitare di usare l'impatto diretto e il bisturi. Il Tantra è una via che prevede la profondità, l'impatto e il bisturi....è una via indubbiamente impegnativa e dolorosa ma anche estatica; è catartica ma anche ricca di momenti di sublime beatitudine. Scoprire la vera identità è duro e temerario, molti non ce la fanno, ci rinunciano, per alcuni è l'unica via possibile. La caratteristica più interessante ed efficace di questa via, è il confronto con l'altro; nel tantra non sei solo o non lo sei sempre, c'è il gruppo, c'è il partner, c'è un confronto e un riferimento costante per verificare i risultati del tuo lavoro; uno specchio in cui si riflette il tuo cambiamento, la tua trasformazione, il tuo percorso di avvicinamento al se, alla reale identità.