Guru si, guru no

03.10.2012

Il tema sui guru l'ho affrontato indirettamente in uno dei miei ultimi articoli sul blog,"Corpo e anima". In quel contesto metto in evidenza il pericolo della dipendenza e dell'influenza, anche indiretta, che può avere una figura alla quale ci si lega per fideismo o per debolezza. Non l'ho definita guru in quell'articolo ma il senso che volevo dare era quello. Ognuno ha il guru che si merita, non so chi l'abbia detta questa frase ed è profondamente vera. Più che colpa della persona che assurge al ruolo di maestro, è la scelta che fa il discepolo o in questo caso il seguace, che crea il rapporto di sudditanza. 

E' successo anche con figure che nei loro discorsi ripetutamente mettevano in guardia chi li seguiva dal non indentificarsi con loro ma di vederli soltanto come un canale, una finestra che ti consente di affacciarti in uno spazio che è tuo proprio e di nessun altro. La sperimentazione e la ricerca, il dubbio e la relatività sono gli antidoti più efficaci per evitare il veleno della sudditanza. Lo stesso Osho nei suoi discorsi ha spesso ripetuto che il vero maestro è colui che non interferisce nel percorso individuale e che fa unicamente da specchio neutro, pulito, nel quale ognuno può vedere la propria immagine e riconoscere autonomamente la propria identità. 

Quindi la neutralità e l'oggettività sono i requisiti perché non si generi l'idolatria e l'identificazione nella figura carismatica, ma questo ripeto dipende dalle debolezza e dalla necessità di identificazione di chi segue certe dottrine. Da questo punto di vista in occidente c'è stato una sorta di risveglio e di conseguente approccio più laico alle varie figure che si sono presentate come maestri o messia, tuttavia questo non sembra essere stato sufficiente perché a giudicare dalle religioni che ancora prevalgono dalle nostre parti non si può dire che non ci sia ancora dipendenza! Io penso che si tratti di passaggi, di stati evolutivi, prima cioè di arrivare al risveglio si attraversano le varie fasi del sonno.