Corpo e Anima

30.09.2012

Ho riflettuto sulle difficoltà che gli occidentali in generale incontrano nell'entrare in dimensioni animistiche e astrali e al contempo ho cercato di comprendere i motivi per cui il più delle volte quel tipo di meditazione viene, comunque, preferita a quelle dove il coinvolgimento fisico e dinamico è più accentuato. Le suggestioni dei viaggi astrali, le meditazioni guidate, i riti, i mantra pronunciati dall'officiante, sono molto suggestivi, accattivanti ma al contempo, possono creano dei problemi di "adattamento". 

Personalmente ho partecipato a sei o sette meditazioni e sono stato ad uno stage multidisciplinare, durante il quale sono state eseguite due meditazioni di tipo sciamanico e sono stato in contatto per due giorni con questo tipo di energia. Queste forme di meditazione appaiono sostanzialmente "statiche", utilizzano la capacità immaginativa e non prevedono l'uso del corpo in modo dinamico. Si sta "comodi", si evita di confrontarsi, non si deve gestire la "fatica" fisica e si evita soprattutto di andare a "contattare le memorie muscolari e tendinee. E' noto, invece, come lo shekeraggio delle meditazioni "dinamiche", muova l'energia in modo esplosivo portandola a espandersi velocemente in tutte le parti del corpo e quando questa "attraversa" ingorghi o blocchi, provoca un attrito che si manifesta attraverso la fatica fisica, il dolore muscolare, la sofferenza psicologica, obbligando subito al confronto con i propri limiti e blocchi interiori. 

Altra caratteristica che distingue le meditazioni "statiche", le definisco così per differenziarle da quelle definite "dinamiche", è la presenza fondamentale di un elemento catalizzatore di energia che nel caso di cui parlo è il conduttore o sciamano, dal quale proviene energia o meglio che canalizza e convoglia, quest'ultima, verso i partecipanti, energia salvifica, trasmutante, di guarigione. Stare seduti e qualche volta anche sdraiati, avere qualcuno che convoglia energia e fa "viaggiare" rimando fermi è indubbiamente più invitante e "comodo".Però nella catalizzazione e canalizzazione si innesta, in certi casi e a seconda della condizione dei partecipanti, una evidente dinamica di dipendenza, cioè un non poter "fare a meno" della guida e del sostegno che proviene dal conduttore, un "aggancio" fisico ad esso. 

Ho avuto conferma di questa impressione dall'osservazione diretta, fatta nel contesto del mio gruppo di meditazioni attive, che per circa due mesi è stato integrato da un gruppo guidato da un operatore di orientamento sciamanico. L'esperienza si risolse nel momento in cui l'operatore, per sopravvenuti impegni lavorativi, dovette rinunciarvi; tutti quelli che avevano partecipato alle nostre meditazioni "attive", tranne poche eccezioni saltuarie, non sono più venuti a lavorare con il mio gruppo. Inoltre durante tutto l'arco dell'esperienza, pur avendo partecipato tutti alle meditazioni che proponevo, quelle persone facevano costantemente riferimento anche fisicamente alla loro "guida", durante le pause tra una tecnica e l'altra. Qualche tempo dopo quel gruppo ha iniziato a sua volta un percorso meditativo, al quale, come ho detto, ho partecipato personalmente. 

Questa partecipazione, oltre a confermare l'impressione di cui sopra, mi ha consentito di mettere a fuoco anche un secondo punto: i viaggi astrali e queste particolari tipo di meditazioni guidate, per poter essere efficaci, presuppongono il completo abbandonarsi all'esperienza, un "lasciarsi andare", permettere che il viaggio accada. Questa condizione, per quel che mi è stato dato di constatare, provoca nei praticanti due reazioni: ancorarsi totalmente al conduttore o frenare e trattenersi, per paura di "perdersi", Bisogna allora considerare che lo shamanesimo presuppone un'attitudine etnica e una disposizione inziatica ed ereditaria particolarmente performante. Atteso questo, fare i "viaggi", come si dice in gergo, presuppone una capacità di restare "collegati" e radicati anche in condizioni e stati di coscienza assolutamente spiazzanti e inusuali. La debolezza o l'assenza di radicamento nelle civiltà occidentali attuali, rendono queste esperienze limitate da un lato e a rischio dall'altro. A queste condizioni, per l'esperienza extracorporea, è indispensabile la presenza di un conduttore, di una "guida", che segue il percorso e interviene nei momenti critici e soprattutto quando si tratta di "tornare". 

In queste pratiche usualmente il corpo giace immobile e collegato con una sorta di cordone ombelicale alla parte che viaggia. Il radicamento per noi occidentali quindi diventa elemento fondamentale per poter fare questo tipo di esperienze senza correre rischi di dispersione o di scatenare paure che bloccano l'esperienza stessa. Il radicamento consente di godere meglio dell'esperienza e al contempo di gestirla da una posizione di maggiore consapevolezza e forza. Quindi il lavoro sul corpo e sul radicamento potrebbe fare da complemento ed integrazione all'esperienza animistica, in modo da renderla più totale e sicura anche per coloro per i quali la stessa non è connaturale. Da questa riflessione è scaturita l'idea di sperimentare un lavoro che prevede l'esecuzione, nello stesso contesto, di meditazioni attive e sciamaniche. 

Un lavoro delle prime sulla parte bassa del corpo, radicamento e fisicità e delle seconde su quella alta, animistica e spirituale, utilizzando i due tipi di meditazione, in modo alternato e a specchio, per poi ritrovarsi nella parte centrale, nell'area dell'equilibrio tra i centri energetici. Una sequenza meditativa che partendo dai due poli estremi si incontri nel centro creando una sintesi. Ho pensato anche al nome da dare a questa sequenza molto sperimentale "Meditazione del Corpo e dell'Anima". Una proposta che intendo sottoporre all'altro gruppo e al suo conduttore.