Incontrare l'altro 16.6.2019
Parliamo dei massimi sistemi e di metapolitica, le nostre voci hanno eco sommessa in questa calda serata di metà giugno. Siamo divisi un due gruppetti, da poco siamo usciti da una pizzeria per condividere in armonia, davanti a un buon piatto, intorno ad un tavolo circolare, le sensazioni scaturite dall'ennesimo gruppo sperimentale di tantra. Manca, per citare un famoso detto, l'ottavo per creare la magia della tavola rotonda di Arturiana memoria. Non so se mancasse Lancillotto del Lago, perso dietro la "sua" Ginevra, o Artù. Ciononostante tutto è filato liscio come l'olio, anzi tutto si è mosso con estrema imprevedibilità quantistica.
Anche l'ubriaco che appare d'improvviso tra la auto dietro di noi, barcollante, arrabbiato come pochi, inveisce contro alcune etnie, ben specificate, più volte con voce stridula. Dietro di lui, una donna, presumibilmente la moglie che tenta di tenerlo ritto e gli ingiunge ripetutamente di calmarsi e di attraversare la strada, ma le sue esortazioni sembrano provocare l'effetto contrario, l'uomo appare sempre più furibondo e determinato a far pagare a qualcuno la sua rabbia sofferente (si intuisce che è stato buttato fuori da qualche locale per raggiunti limiti di alcool).
Un tonfo, il suo pugno batte con violenza contro il cassonetto della Croce Rossa, non so perchè mi viene di pensare al detto "sparano sulla Croce Rossa", mi sorprendo della mia ironia in un frangente del genere.
Dietro di noi il gruppetto composto da tre persone, altre due ci hanno salutato fuori dal locale, sbanda, si ferma, esita. Si sente un mormorio sommesso, quasi una preghiera, e si può udire il battito dei cuori ormai tachicardico. Nell'aria vibra un senso di panico, che raggiunge noi due che siamo in avanguardia. Il cassonetto è a due passi da noi, l'ossesso ci gira intorno come a cercare qualcuno, ci osserva con occhi vuoti e persi in una dimensione molto vicina all'inferno, poi spinto fisicamente dalla donna, traversa la strada con una preoccupante gimcana che non trova karmico riscontro nell'arrivo di qualche auto a forte velocità.
Stranamente, non provo alcuna sensazione, sento arrivare il panico del gruppetto, il forte disagio del mio compagno di condivisione, che confesserà di aver provato una profonda lacerazione dolorosa a specchio delle condizioni di quell'uomo. Io mi sono come schermato, è come se osservassi una scena in cui ero solo spettatore ma non fisicamente presente. Una sorta di schermatura emotiva che non ha permesso all'estrema rabbia del soggetto di "entrare".
Gli altri ci dicono, una volta a casa, di avere avuto una paura terribile che l'ubriaco, simbolo ancestrale dell'aggressività rettiliana per eccellenza ci volesse affettare con un oggetto che sembrava essere una bottiglia rotta e che a me invece era sembrato un mazzo di chiavi, la relatività della percezioni!
Tutto è bene quel che finisce bene. E non poteva terminare meglio questo pomeriggio intensissimo se non con una emozione forte, estrema. Oggi abbiamo "recuperato" il workshop "Incontrare l'altro". Un momento di rara intensità, per la profondità della sensazioni e dell'apertura all'altro a al gruppo con la condivisione di situazioni e condizioni delle più recenti vicissitudini di ciascuno dei presenti, condivisioni che hanno caratterizzato il file rouge del pomeriggio, prima durante e dopo la meditazione. Sulla panchina, fuori dall'entrata, sui divani interni, sul pavimento della halle, a casa, in pizzeria, di nuovo a casa. C' stato anche il tempo di fare una spesa veloce e una doccia rinfrescante prima della cena. Non c'e stato un solo momento di caduta di tensione. La meditazione, creata da me anni fa, ispirata dal gruppo storico, è scivolata via fluida, ma con determinazione, si sono alternati fasi di vetta con altre di valle, momenti di esplosione gioiosa alternati a pianti di gratitudine per il partner che fa da specchio all'apparire di spettri che si pensavano scacciati o sepolti per sempre. Il tutto avvolto in un grande abbraccio di afa che avvolgeva anche quelli teneri, profonditi e tantrici delle coppie.
Condivisione finale che si prolunga con ulteriori "racconti" esistenziali, svolte clamorose, scelte coraggiose, dubbi che ritornano, conflitti risolti ma solo a metà e tanto altro ancora. Poi i volti paonazzi e sudati, malesseri passeggeri e cali di pressione ci consigliano di uscire dalla hall e proseguire l'"eterna" condivisione, fuori dove un vento tiepido ci accoglie ma che dal confronto con l'aria che predominava nel locale, sembra una fresca brezza della sera!
Il resto è cronaca mangereccia, godereccia e quasi "nera". Gli abbracci finali prima di salutarci, sono di un'intensità da capogiro. In lontananza mentre il furgone dei nostri amici svolta lungo la strada, s'ode ancora, anche se più soffocato, l'urlo dell'ubriaco che ormai in casa, inveisce contro la moglie, pensiamo tra noi, pessima nottata per quella donna. Profonda riflessione per noi.