Riscoprire il Corpo

Sento ancora il brusio delle voci, le grida gioiose e un po' isteriche dei bimbi. Incontro volti noti e sconosciuti, espressioni seriose, apparentemente divertite o esageratamente espressive. Su tutto questo, i fumi del vino, il peso specifico della carne alla brace e di un risotto ai funghi porcini che, da solo, valeva tutta la cena. Fuori acqua a secchi, è umido in quantità industriale.

Queste sensazioni affiorano, prendono forma e peso nel mio corpo indolenzito e stanco, mentre guardo, di la dai vetri, un cielo che non c'è, sostituito da una spessa coltre grigia, lattiginosa dalla quale scivolano via piccole gocce fittissime di pioggia fredda. Ed ecco riemergere emozioni che credevo sublimate, elaborate, digerite: contrarietà, tensione, rabbia, voglia di mandare tutto a "puttane", conteggio degli assenti e dei presenti. Oggi si replica il seminario "Riscoprire il Corpo" andato in scena, soltanto 15 gg. fa, in quel di Sesto Fiorentino, un "successo" come si dice per gli spettacoli, tante sensazioni in parte conosciute, dinamiche e interazioni energetiche ormai più volte esaminate e descritte. Di diverso, e non è poco, c'è che per la prima volta mi cimentavo in un lavoro di un'intera giornata. Anche quel sabato pioveva ed era grigio, un colore che sta accompagnando queste mie prime da conduttore di workshop, questo strano, onomatopeico sostantivo che significa, letteralmente, "officina", un luogo di lavoro per demolire o costruire, dove si usa la fiamma che scioglie o salda, dove l'achimista elabora il suo percorso, un laboratorio di sperimentazione creativa e tanto altro ancora.

Il sannyasin ama sperimentare, cimentarsi, sfidare situazioni estreme, ma l'uomo, qualche volta, non ce la fa a seguirlo, e stamane è un po' questa la condizione: il primo vuole andare, non importa se si farà qualcosa oppure no, se il luogo sarà raggiungibile, visto che si va alla Volpaia, se saremo in venti o in cinque; l'uomo, viceversa, vorrebbe il sole, una bella giornata radiosa, che la strada per raggiungere il posto fosse meno impervia, che il gruppo contasse su una presenza numerosa, pur sapendo che in quello spazio non ci stanno più di dieci persone....

Alla fine prevale l'"ardimento" e si va, carichi di borse e buste nella pioggia e nel freddo. Dai vicoli grigi, via via, arrivano le auto al parcheggio, è assicurato quantomeno il numero pari, otto partecipanti. Andiamo su con il Suv di Luca, comodo, sicuro, affidabile, mi siedo e dopo un po' avverto un tepore improvviso nel fondoschiena....scopro con piacere che, tra le numerose opzioni di cui è dotato questo mezzo, è compreso anche il riscaldamento dei sedili.

Si va su che è un'amore, superiamo i fossi e le cunette letteralmente danzando. Quando arriviamo nel prato davanti alla casa, c'è già un'auto, ipotizziamo trattarsi di qualcuno che è venuto da solo di sua iniziativa, oppure è la Lisa, padrona di casa, che ci sta aspettando prima di andar via, invece sono i suoi genitori, scambio veloce di presentazioni, poi ci viene chiesto se abbiamo bisogno di qualcosa, pensiamo di no e ringraziamo, vanno via. E.....qui comincia la disavventuta.

Niyen inizia a lamentarsi e brontolare perché è raffreddato e rischia la polmonite. Sitara, invece, la vive come un gioco, tutti gli altri, presi alla sprovvista, non sanno cosa fare, io resto immobile e osservo, sconsolato, la stufa a legna desolatamente spenta. Luca è il primo a reagire, e ci esorta a cercare carta, legnetti piccoli e ceppi, proverà lui ad accendere il fuoco. Su tutta la scena aleggia un freddo mai provato prima e un umido che morde, che sconforta. Che si fa?

Dopo alcuni minuti d'incertezza e di scoramento, cominciamo a muoverci come api operaie ma non con la stessa efficace sinergia, intanto io non ho il coraggio di entrare nella stanzina di lavoro che è buia e sembra più angusta del solito, i materassi buttati qua e la, le coperte e i cuscini sembrano ridurre ancora di più lo spazio. Devo reagire! Porto dentro tutto quello che serve, e, mentre gli altri si prodigano intorno alla cucina a legna, collego il pc alle casse e alla presa di corrente operazione resa difficile dalle mani ghiacce, alla fine ci sono, accendo, provo, un'esplosione di suono rimbomba nella stanza, il volume della casse è al massimo, ruoto la manopolina gracchiante e riporto i decibel ad un livello più musicale. Nella cucina, intanto, il fuoco comincia a prendere vita, a fatica però, perché la legna è umida, la carta è poca, ma gli sforzi, alla fine, sono premiati. Un leggero tepore invade la cucina e raggiunge l'altra stanza.

Registro il netto ritardo sulla tabella di marcia, siccome l'esperienza non è acqua, rielaboro su due piedi il programma riadattandolo alla nuova situazione. I compagni di avventura, entrano uno ad uno nella stanza, hanno un'espressione sconsolata, forse anche delusi dal posto, demoralizzati dal freddo e si dispongono sui materassi. Penso che occorra qualcosa che stimoli e riscaldi e allora mi affido ai Lakota e alla loro musica profonda, tellurica, tribale, quello che ci vuole per un contatto con la madre terra, la sua energia, il suo "calore". Siamo tutti un po' impacciati, quasi fermi, indecisi, poi la musica incalza e così il ritmo, allora il corpo comincia a muoversi. Prolungo la danza per uno, due, tre step. Alla fine qualcosa si muove, siamo "tornati", siamo "dentro" il respiro, nel corpo, ci stiamo "collegando" l'un l'altro. Siamo pronti.

Le sessioni si susseguono in modo armonico. Si comincia con "Gouishankar", la vetta più alta della meditazione, e con il freddo sembra capitare a propostito, tuttavia non è il gelo a prevalere, bensì un torrente di energia che sale, si espande ed esplode con il Latihan finale, la connessione è avvenuta. Ci concediamo una breve pausa, per attizzare il fuoco e tenerlo vivo, qualcuno approfitta per mangiare qualcosa, un mandarino, una noce, ma è ancora presto per la pausa pranzo, e quindi con autorevolezza e malgrado le richieste insistenti, rimando di un'ora la pausa, ed esorto tutti a rientrare. Fiorella non ci sta e abbandona il gruppo, del resto era venuta nonostante una condizione fisica non eccelsa, quasi allo stesso tempo, però, arriva Lisa a prendere il suo posto.

Segue "Remenber Yourself As Light". La nuova arrivata confessa di non aver mai partecipato a questo tipo di meditazioni, tuttavia entra subito in sinergia col gruppo, l'energia e forte già dal secondo step, quando la fiamma del cuore diventa aura e invade il corpo. Ci si muove lentamente nello spazio, i corpi si sfiorano con le loro auree, si "sintonizzano" ad ogni passaggio, lo spazio del cuore è aperto, il respiro si fa ampio, emergono suoni nei quali si indovina un principio di risata, un pianto di gioia che trabocca, il puro piacere. In questi momenti, lo spazio ristretto torna utile, l'energia non si disperde, rimbalza verso il centro, lega ognuno di noi ad una rete invisibile, fluida, una corrente che attraversa i corpi, li fa vibrare, e che esplode in tutta la sua frenetica bellezza nello step della fiamma fluttuante. Venti minuti di puro fuoco, ardore, tremiti, sussulti; il respiro è veloce, ritmico, le emozioni diventano suoni e grida, una catarsi che è fa eco a tutto ciò di cui è saturo questo spazio. L'ultimo step, quello dell'immobilità, è profondo, incredibilmente "silenzioso". Ci si distende quasi l'uno sull'altro, sotto i plaid e le coperte per ripararsi dal freddo. Io resto in ascolto e li osservo, sento i piedi ghiacci, ma il resto del corpo arde come quei ceppi che scoppiettano nella fornace di là in cucina.

Siamo alla pausa pranzo ma non c'è fretta di spostarsi, sembra di essere in un'altra dimensione, la "disavventura" del mattino è stata sublimata, trasformata, assorbita, è diventa parte integrante dell'esperienza meditativa, la "bellezza" della precarietà, di situazioni impreviste. Un Karma Yoga con i fiocchi. Siamo tutti d'accordo che era proprio quello che ci voleva per porci di fronte ai nostri limiti, alla consapevolezza di essere incredibilmente condizionati dalle comodità di location riscaldate, di morbidi cuscini, di tappetini accoglienti, di bagni e docce invitanti. Ringraziamo di cuore Lisa per averci permesso di "scoprire" tutto questo e di avere aggiunto all'esperienza di oggi una pulsione atavica e istintiva che rende capaci di gestire situazioni impreviste, di riscoprire che si può "cavarsela da soli", una lezione d'umiltà di cui l'ego aveva veramente bisogno. Un pallido sole si affaccia tra i vetri appannati e ci tiene compagnia mentre assaggiamo un po' di tutto quello che abbiamo messo in comune. Si avverte aria di complicità, intimità, condivisione, una condizione che riscalda più della stufa che sfrigolare allegramente e diffondere un piacevole tepore, misto all'odore acre di legno bruciato.

Oggi è anche la giornata delle sostituzioni, e scopriamo che gli inserimenti possono essere fonte di nuove scoperte e sperimentazioni e che ci si può interscambiare senza alterare la sinergia del gruppo. Dopo pranzo, infatti, va via l'altro Luca e gli subentra Chiara, che arriva puntuale, mentre stiamo intaccando una torta salata e bevendo una tisana bollente alla frutta, preparata da Lisa. Il numero rimane pari, quindi perfetto per la sessione pomeridiana che prevede due meditazioni a coppie: "Scambiare l'energia" e "Incontrarsi nel terzo, quarto e sesto chakra". Meditazioni forti, intense, la prima mai eseguita finora dal gruppo, c'è prevalenza d'energie femminili ma le coppie si formano lo stesso, per scelta istintiva, qualcuno dice, scherzando, che ci si è scelti "annusandosi".

Il pomeriggio scivola via piacevolmente, le due meditazioni consacrano tutto il percorso progressivo del gruppo. Tutto accade nello scambio sottile d'energie della prima, funzionale allo "scandaglio" della profondità abissale della seconda: il terzo e il sesto chakra si collegano con la mediazione del Cuore, in un lunghissimo scambio a due, un chek up delle condizioni interiori, uno sguardo sui blocchi emotivi, sui ristagni energetici e sulle paure ataviche, il tutto rimescolato in un crogiuolo d'emozioni e sensazioni, che vanno dalla gioia alla tenerezza, al timore, al disagio, al piacere. La condivisione finale è ricca di spunti e di riflessioni che rimandano al gruppo lampi d'intuizione e consapevolezza. Di grande insegnamento e bellezza il messaggio che arriva dalla coppia Marisa - Lisa, entrambe affermano di avere sperimentato un senso di profonda unità, di essersi letteralmente perse l'una nell'altra, diventando un'unica cosa. Entrambe collegate e al contempo racchiuse in un unico grande cerchio energetico durante la meditazione, cerchio la cui presenza fisica viene avvertita in ognuna di loro e che le collega a distanza anche ora che sono separate. Ulteriore conferma che l'energia è di segno neutro

Uno sguardo all'orologio, sono le diciotto, il seminario termina in perfetto orario, abbracci e ringraziamenti reciproci per la bellissima esperienza. Ci si saluta qui. Non avremo modo di incontrarsi giù in città. Il Suv di Luca, scivola via, silenzioso, morbido, caldo, lungo i sentieri bui, ci lasciamo alle spalle la colonica di Lisa che, oggi, ci ha donato, oltre allo spazio per la splendida esperienza meditativa, una bella lezione di vita. Per me, non è ancora finita. Domani, sperimento l'altra faccia della medaglia, sono atteso per una meditazione attiva al prestigioso agriturismo di Villa Giusterna.