Legame sottile

Incontro misterico, esoterico, imprevisto e imprevedibile in questo primo sabato di febbraio. L'imprevedibilità è ormai la caratteristica costante del lavoro di questo gruppo, anche per la presenza di soggetti dalla forte connotazione energetica , dotati di un'acuta sensibilità sensoriale, la quasi totalità di presenza di donne, poi, conferisce questa prevalente coloritura Lunare e Tellurica.

Il programma di oggi prevede un lavoro con il respiro sul secondo chakra "Liberarsi dal passato" una tecnica breve, semplice ma efficace. Si usa il respiro, l'immaginazione ed elementi posturali simbolici. La tecnica dura poco più di dieci minuti, durante i quali si usa la potenza di concentrazione del respiro e la forza magnetica della postura delle mani sul secondo chakra, racchiuso in un triangolo rovesciato il cui simbolo non ha certo bisogno di interpretazioni. Una ricognizione di questo spazio, dove si annidano le emozioni più ataviche, i "ricordi" infantili, i sentimenti negati o fortemente voluti, la relazione con l'altro, fatta di ambivalenze, proiezioni e deviazioni e soprattutto una sperimentazione del dualismo, il confronto con se stesso, con la "dolorosa" scissione dell'uno in due, la separazione del bambino dall'adulto e tanto altro ancora. Un polo critico, da toccare con cautela e delicatezza. Cosa che ci consente l'approccio soft di oggi. Qualcosa si smuove e sale a galla nella condivisione che segue, il senso di separatezza, la scissione, la nostalgia per qualcosa che sembra persa e allo stesso tempo il desiderio di riunire qualcosa che è diviso, desiderio che ricorda la sensualità e la sessualità.

Nel programma originario, a questo punto, era prevista la meditazione "Il mare e l'alga", che c'avrebbe permesso di lavorare proprio sulla dualità e polarizzazione, il "gioco" con l'altro e, attraverso l'altro, con se stesso. Sperimentare la fiducia, l'abbandono, il guidare e l'essere guidati. Il prolungarsi della prima fase e della successiva condivisione, ci porta direttamente alla meditazione del giorno: "Gourishankar", definita come la "vetta più alta delle meditazioni". Una tecnica che usa il respiro, l'attenzione, l'ascolto e permette di sperimentare la presenza dell'"anima" del corpo, di un'energia sottile, intelligente, autonoma, abbandonandosi alla quale, si sperimenta una condizione estatica che si può definire "divina". Si esegue tutta nella penombra, la nostra candela "infinita" crea la giusta atmosfera oltre ad essere l'elemento centrale del secondo stadio. Il primo stadio evidenzia i blocchi e le difficoltà di un respiro troppo breve e troppo alto, si ascolta la "fatica" di chi per la prima volta si confronta con il proprio respiro, che si "accorge" di respirare, la tensione dei corpi che si oppongono all'invasività del respiro. Alcuni volti, intravisti nella penombra, hanno un'espressione quasi "dolorosa", nel tentativo di condurre il gioco con il ritmo dell'espira, trattieni, inspira, trattieni, per 15 "lunghissimi" minuti. Una crescente sensazione di calore sale alla testa e provoca una sensazione di espansione delle percezioni e dello spazio interiore. Non c'è tempo per comprendere cosa sta accadendo, perché la musica cambia, un ritmo incalzante di tamburo fissa l'attenzione dello sguardo sulla luce della candela, è il secondo stadio, gli occhi vorrebbero chiudersi, nell'oscurità l'alone della fiamma s'ingigantisce, si dilata, diventa luminosissima, a tratti tutta la stanza è piena di questa luce. Ti accorgi di non stare fissando nulla in particolare ma lo sguardo si dilata, perde i confini, gli occhi cominciano a bruciare, a lacrimare, ma lasci che le lacrime scivolino lungo le guance. Quella luce ora assume forme strane, antropomorfe, si anima e sembra comunicare con te, la sensazione è di annullarsi nella luce, anzi sciogliersi, ed è incredibile accorgersi che il corpo non c'è più, solo qualcosa osserva, da "dietro" di te, tutto quello che accade. Il terzo occhio ora risplende di luce propria anche perché la candela stenta a bruciare, la fiamma si è indebolita come risucchiata dai nostri sguardi.

Il terzo stadio arriva dopo che il tambureggiare si affievolisce, gradualmente, fino a sembrare un rullio lontano, un eco in uno spazio senza confini, la musica è di una tonalità inizialmente cupa, via via più aperta, si dispiega, vibra, il suono di strumenti misti a percussione e a fiato, si uniscono a quelli elettronici, creando un groviglio di sonorità che entra in profondità, induce il rilassamento e allo stesso tempo stimola il movimento. In questa magica sintesi si snoda lentamente il Latihan, prima goffo, incerto, è incredibile quanti blocchi ci sono nella testa, nel corpo, nei muscoli, nei nervi, una matassa ingarbugliata. Il latihan è il filo da ritrovare per fare sì che il groviglio si sciolga in modo naturale, fluido, ispirato, estatico. Non si arriva al top, nessuno ce la fa quest'oggi, ma qualcosa si muove, era da tanto che il divino non tentava di entrare nel nostro spazio angusto per espanderlo e trasformarlo in "vuoto vivo". Quando la musica lentamente svanisce, portando via con se il Latihan, il corpo si ricompone nella posizione base, qualcuno ancora resta in pose strane, innaturali, come rapito. Poi tutti si distendono per lo stadio finale nel silenzio e dell'assoluto abbandono, ora si assaporare il far nulla che è pieno di agiti e di sensazioni che si sciolgono in un rilassamento progressivo che somiglia allo sprofondare nella terra.

I tre gong arrivano come un sussulto improvviso, diventano il corpo. La vibrazione ridà vita al corpo, che è come scomparso. Lunghi minuti ci separano dalla completa coscienza e dal ritorno alla realtà. Si viene da un lungo momento di buio, una dimensione nella quale si è snodato tutto il percorso di questa incredibile meditazione, la luce artificiale dei neon, quasi acceca, istintivamente ci si copre gli occhi con le mani. Non occorre stimolare la condivisione, parte da sola ed è "magica" si descrivono sensazioni di un'intensità e varietà mai provate prima. Lo sgomento, il timore, la gioia, pianto si susseguono in una teoria che si elabora da sola, non c'è mente, volontà, pensiero, nulla, il solo puro, assoluto accadere. Un brivido profondo attraversa tutti noi quando arriva la conferma, da più di uno dei partecipanti, della presenza di un energia che si è mossa lungo tutta la halle, fermandosi accanto ad uno di noi, in posizione meditativa, laddove c'era un vuoto nel cerchio, quasi a volerlo colmare. In particolare una delle partecipanti, più sensibili, conferma questa sensazione e precisa che si tratta di un'energia maschile e di etnia indiana. Ce n'è d'avanzo per terminare qui e ritenere l'esperienza di oggi "fuori dal comune". Non è la prima volta che capita di sentire una forte presenza energetica durante le meditazioni, ma stavolta era molto ben definita ed era un'energia, bella, vibrante, positiva.

Il gruppo si scioglie e nell'ingresso, mentre stabiliamo che il prossimo gruppo si farà il 16, per una segreta comune intesa, decidiamo di proseguire la serata, organizzando una cena a base di pizza, aderiscono subito tutti i presenti, qualcuno telefona a casa per dire che tornerà tardi. Appuntamento alle 20,30, sentiamo che c'è ancora tanto da condividere!