La Via del Tantra

In questo periodo sto mettendo per iscritto alcune riflessioni sulle trappole dell'ego che tende, con la complicità della mente, a indurre in tentazione e distogliere dalle buone pratiche, generando sofferenza e disorientamento. Sono in una di queste trappole alla vigilia di questo assaggio di tantra. La mattina del 19 arrivo sul posto pieno di rancore, teso, nervoso come mai, corpo rigido, nessuna voglia di partecipare. Ci si mette anche il tempo, grigio, piovoso, quasi autunnale. Quando arriviamo alla palestra di via Landini a Firenze sembriamo dei sopravvissuti, con me ho due persone una terza è già sul posto, quello che resta della "squadra" che avrei dovuto portare, quale co-promoter dell'iniziativa. Sono colmo, di delusione, di rancore e di non so cos'altro, lo spirito adatto per fare tantra. Il team è lì al riparo dalla pioggia davanti alla porta a vetri, ancora chiusa, del Maxiballett, il locale che ci ospita. Nessuna gioia stavolta o fremente attesa, saluto i presenti con un'"umidità" e una freddezza degne del tempo che imperversa. Mi viene da sorridere, ricordando che, al momento delle registrazioni, una ragazza del team mi apostrafa così "sembrava volessi prendermi a schiaffi" per descrivere l'impressione che le avevo fatto nel vedermi davanti a lei. Mi sento legnoso, bloccato, con il fiato corto, quando cominciamo a danzare non riesco a muovermi, ma dopo i primi stop and go, mi riparte il respiro che conosco e un po' alla volta mi sono sblocco. Devo ammainare la bandiera della gloria, rielaborare le mie fisime riguardo alle aspettative e ai traguardi, nella prima condivisione è venuto fuori, alla grande, la dinamica della delusione da aspettativa e, come per magia, mi si sono sciolte dentro tutte le impasse e i carichi che mi ero messo sulle spalle in tutti questi mesi. L'io si fa largo come un drago, spunta da sottoterra e da qualsiasi altro luogo tu gli consenta di emergere e ti ci avviti tutto intorno costruendo la tua sensazione di essere unicamente questa specie di spirale mostruosa che vive di luce riflessa, un'immagine tridimensionale che sembra viva, animata, simile a un ologramma, ma del tutto privo di

anima. La gioia è collegata al respiro così come la consapevolezza, mi ritrovo nel momento in cui ho "apro" il respiro e mi "collego" al cuore, la morsa si scioglie sotto forma di pianto e con essa tutta la tensione accumulata. Tutte le tecniche successive e le sessioni meditative mi restituiscono a me e il drago lentamente si rimpicciolisce fino a ritornare nella sua tana, anche se so che è lì pronto a tornare allo scoperto appena gliene darò l'occasione. Anche questo week end rappresenta per me una miniera di nuove sensazioni, scoperte, aperture di nuovi spazi di sperimentazione. Ma due su tutti sono i momenti top, divenire consapevole della solitudine del ricercatore, scoprire nuovi spazi di condivisione con la propria compagna, accanto alla netta sensazione di come si possa amare tutti solo se si arriva ad amare se stessi. La prima "rivelazione" scaturisce nella seconda condivisione di gruppo dove pongo la domanda sul perché pur agendo da dentro lo spazio del cuore e con dedizione totale alla causa non sia riuscito a farmi capire da chi pensavo potesse apprezzare il percorso di sperimentazione offerto dal Tantra. La risposta arriva come un violento flash nel buio, io ora sono due persone, Giuseppe quello che conoscono gli amici, e Premartha che ricerca e sperimenta, quest'ultimo è "destinato" a sperimentare soprattutto la solitudine, quando sei consapevole e cominci ad allargare lo spazio "visivo" e ad espandere la coscienza, rimani sempre più solo: Giuseppe è quello che si relaziona con gli altri che usa la maschera, che scende a compromessi, che è "riconosciuto", giudicato, ascoltato, accettato o rifiutato a volte sopportato ed è a Giuseppe che le persone dicono di si o di no per accontentarlo, ed è Giuseppe che resta deluso, che si crea le aspettative, perché Premartha il ricercatore, lo sperimentatore è oltre la soglia non può "comunicare" e se comunica lo fa attraverso Giuseppe che non può "tradurre" in un linguaggio comprensibile qualcosa che non è fatto di parole ma di sentire, di esperienza diretta, autentica, individuale. Infatti ecco il punto il percorso è individuale, non si può costringere nessuno, se non con la forza a fare qualcosa che non "sente" di voler fare, perché Giuseppe attraverso Premartha sta capendo molte cose, sta allargando la consapevolezza ma non può trasferire questo "messaggio" agli altri. In sostanza chi fa delle scelte come quella di mettersi in gioco con il tantra lo fa perché dentro sente una sorta di "chiamata", perché ha già incontrato "Osho" o tutto ciò che esorta a ritrovare se stessi, ma tutto ciò è impalpabile, immateriale, energetico, fluido, non può scaturire da una personalità strutturata. Questa constatazione mi etra come una lancia nel petto ma non sento dolore solo una violenta apertura, una voragine, un magnifico vuoto pieno. Un brusco, potente, sconvolgente "rimbalzo" sul qui e ora, "cavolo, come ero lontano dal mio centro!!!" Esclamo tra me e me me, mentre riprende vita il mio spazio interiore, quel "rifugio" tranquillo e silenzioso che ti consente di ritrovarti. La seconda "rivelazione" arriva nel pomeriggio del secondo e ultimo giorno da una meditazione fatta con la mia compagna. Fino a quel momento tutti gli esercizi e le meditazioni, tranne una, le avevo fatti con partners diverse. Ma già alla pausa pranzo mentre si era tutti intorno al tavolo e si parlava del più e del meno, una voce dentro di me mi diceva che la tanto attesa meditazione del pomeriggio l'avrei fatta con la mia

compagna. Una sensazione chiara, non mi vedevo farla con nessun'altra che era lì presente. Sto per affrontare una prova per me veramente importante, una verifica della capacità di rimanere su e dentro di me, avendo di fronte una persona con la quale ho un legame energetico influenzato anche da dinamiche condizionanti, accumulate in tanti anni di convivenza. Fino a quel momento non c'erano stati problemi di sorta ne condizionamenti reciproci durante l'esecuzione di esercizi e di meditazioni fatte con altri partner, però quella era una sorta di prova del nove, che avrebbe dato una risposta alla mia domanda del mattino, se era tanto difficile innamorarsi di se. E così è stato. Quando ho sentito che la meditazione doveva essere fatta col proprio partner per chi era venuto in coppia, non ero per nulla sorpreso. Al termine della meditazione, che è sembrata breve e lunga al contempo e durante la quale si sono mosse sensazioni, emozioni, energie e stati d'animo di tutti i tipi, dentro di me c'è gioia e voglia di gridarla a tutti, sono riuscito, quasi per tutto il tempo, a rimanere su di me e sentire l'energia femminile che avevo di fronte senza pensare, se non per brevi momenti, che dall'altra c'era una persona che conosco. Per la prima volta ho sentito un'energia autentica, spogliata dalle sovrastrutture accumulate negli anni e dai "ricordi" proiettati su di lei, una energia impersonale, viva, originale, individuale, pienamente autonoma. Ora so che il piacere, l'estasi, l'amore e quant'altro attiene alla sfera della mia sessualità, sono dentro di me, e nasce da me con la scintilla polarizzatrice dell'energia femminile qualunque sia la persona di fronte a me. Amare se stessi è acquisire la consapevolezza che tutto il fuoco attivo è dentro se stessi e che lo si può attivare autonomamente e poi espanderlo e renderlo più potente grazie allo scambio con l'altra. La Kundalini finale, prima del commiato, è una delle più belle eseguite finora, ed è la giusta conclusione di un percorso breve ma intensissimo.