Qui e ora in piazza

05.08.2016

Sei nel tramonto ricco di frammenti di nuvole, sole basso all'orizzonte che ritorna ad ogni curva di questa tortuosa strada che si dipana sui primi contrafforti del Prato Magno. Da tempo indefinito non venivi da queste parti, vai ad assistere ad un workshop su invito ed hai deciso all'ultimo momento.Da un po' sei seduto sulla panchina, e osservi la piazza che sa di silenzio antico, di case decoratE e tetti rossi da una collina verdissima che sembra abbracciare lo spazio ti arriva l'annuncio della notte sotto forma di brividi sulla pelle. Nel mezzo balle di paglia buttate alla rinfusa in uno studiato disordine. Qualcuno le raccoglie è le ordina in semicerchio, via via che le balle si accostano prende forma una piccola arena e lì davanti due balle isolate in attesa dei protagonisti.E' un "teatro di paglia". Lo accosti subito gli spazi davanti all'aia delle fattorie, dove i contadini si riunivano per raccontarsi, divertirsi, dare libero sfogo alle emozioni e ritemprarsi dalle fatiche dei campi. In quello spazio si raccontavano si narravano, si cantavano e si ballavano senza freni.Quello spazio davanti a te prende vita, le gradinate dorate si vanno lentamente riempiendo, qualcuno cerca, senza successo, di accendere dei lumi nei bicchieri per creare una suggestiva scenografia, ma c'è troppa "aria" e i bicchieri sono troppo bassi, alla fine cede e si rassegna.Qualcosa ti attira verso quello spazio, davanti alle balle isolate a un passo da te pensi se mai ti sentiresti di sederti su una di quelle e raccontare una qualsiasi cosa ti venga in mente, e senti che, osservando gli spettatori in attesa coi loro sguardi indagatori e curiosi, un sottile disagio ti stringe lo stomaco.Lo spettacolo comincia, qualcuno spiega come funziona e subito il disagio si scioglie, stasera tutti sono spettatori e attori al tempo stesso, nessuno è al sicuro, il coinvolgimento è inevitabile. Questa cosa t'intriga e ti contamina, mano a mano che gli "attori" si avvicendano, ti accorgi che non c'è aspettativa, critica o giudizio, il cerchio si chiude proprio sulle quella due balle isolate creando un magico cerchio e riconosci lo spazio di condivisione.Mettersi in gioco, raccontarsi, cantare, recitare, pochi minuti, per lasciare spazio a tutti, le performance si susseguono, i bambini più degli adulti si lanciano intrepidamente in questo agorà del popolo, genuino, diretto, autentico. Qui non si finge, e per tutti ci sono ovazioni e applausi, che partono dal cuore, dal sentimento antico e quasi perso della comunità, della condivisione, dello stare insieme per dare un senso all'esperienza di vita in quell'immedesimarsi a specchio nell'altro nello scorgere nell'altro parti di te che avevi dimenticato, che ti contagiano al punto da farti buttare via la maschera e mostrare agli altri cosa sei veramente perché ognuno degli altri possa ricordare cos'è attraverso di te.Senti che è arrivato il tuo momento, qualcosa ti chiama lì al centro e ti accorgi che sei magicamente connesso a chi ti ha preceduto e ti ha aperto la strada. Pochi minuti, gesti mimati, maschere colorate che cadono una alla volta, cade il conflitto, dietro l'incalzare di aforismi violenti e giudizi lapidari, quando ci si guarda negli occhi, tutto è risolto, sciolta ogni contrapposizione, e gli applausi che improvvisamente ti scuotono, sono la consacrazione del tuo messaggio di armonia e amore che è arrivato a tutti. Sono trascorse tre ore, non te ne sei accorto, qui il tempo magicamente si è annullato, in un potente e naturale qui e ora, hai osservato, ascoltato e partecipato a questa sorta di meditazione dinamica collettiva ed ora vorresti rimanere ma il cerchio si scioglie, a mezzanotte ritireranno le balle di fieno che andranno a ricomporsi chissà dove e chissà quando.