Parsifal e la Via della Trasmutazione

30.01.2016

Parsifal, è un popolare personaggio del ciclo arturiano, la saga che simboleggia un percorso iniziatico per raggiungere l'illuminazione e che vede come riferimenti mitici e forse in parte storici l'ordine dei ai Cavalieri della Tavola rotonda, in particolare personifica colui che riesce a raggiungere l'intima essenza di se, a "vedere" il Santo Gral

Le versioni medievali di questa leggenda variano l'una dall'altra, ma pressoché tutte raccontano di un ragazzo nato e cresciuto nella foresta. "Qui è evidente come il predestinato sia colui che è nato e cresciuto in una condizione "primitiva" "naturale" priva di condizionamenti esterni provenienti dalla relazione con una realtà fatta schemi e di principi da seguire. Quindi ha le carte in regola per entrare nel gruppo iniziatico dei "cavalieri", il cavallo simboleggia la destrezza, la focosità, la ribellione ma al contempo anche la mansuetudine e l'intesa perfetta con il cavaliere, rappresenta la parte di se che si rispecchia nel temperamento teso alla ricerca e al movimento impetuoso e flessibile un modo di affrontare l'esperienza di vita disincantato ed esplorativo".

Questo personaggio si reca alla corte di Re Artù "che costituisce la parte regale in senso alchemico che è racchiusa in ogni persona, regalità che è la prima condizione da raggiungere per puntare alla visione interiore della reale essenza di se. La caduta di re Artù che perde il regno e la spada è indicativo del rischio che lungo la via della trasformazione e del cambiamento si corre nel cadere nell'indolenza e del compiacimento di se, nelle mollezze dell'"agio" ovvero dei poteri fin li acquisiti fermandosi e non andando oltre. E' allora che accade di perdere l'energia che si dissipa in atti fini a se stessi e la perdita della spada, ovvero della "spina dorsale" intesa come centratura e radicamento, quando ciò accade tutto il "regno" si oscura ed emergono le forze telluriche e distruttive assolutamente incontrollabili " e diventa uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda. E poiché è ritenuto puro di cuore, è destinato a vedere il famoso Graal.

"Raggiungere lo spazio del cuore è uno dei traguardi più importanti sia nel percorso iniziatico che in quello della Via Tantrica. Il Cuore rappresenta il luogo dove tutto si sedimenta, il crogiuolo dove tutti gli elementi vengono fusi e trasmutati, dove emerge la saggezza, la condivisione, la comprensione e la consapevolezza, che rappresentano il "superamento" di tutti gli stadi condizionati e condizionanti dell'esperienza di vita. Parsifal è vissuto nella "foresta" conosce bene gli elementi naturali che riconosce come propri, si specchia nella genuinità dell'esperienza diretta con i misteri, i silenzi, i pericoli, le lotte per la sopravvivenza, l'intreccio inestricabile delle liane e dei tronchi d'albero, l'agguato delle fiere, la paura, l'impeto del coraggio, l'istinto di sopravvivenza. Se si guarda al simbolismo che tutte queste dinamiche riflettono risulta evidente la similitudine con emozioni e condizioni interiori collegati ai chakra. Parsifal che letteralmente tradotto significa "puro folle", sta ad indicare uno stato di coscienza particolare che agli occhi delle persone "normali" dà l'idea di una condizione borderline ai limiti della irrazionalità. Un atteggiamento e un comportamento di chi vede, sente e legge cose che gli altri non riescono a sentire, vedere e leggere.

Nel romanzo medievale tedesco Parzival di Wolfram von Eschenbach, Parsifal è il padre di Lohengrin che è uno dei custodi del Santo Graal, il cavaliere del cigno caro alle leggende medievali dei Paesi Bassi (il Brabante) che scende sulla terra per difendere i deboli e per cercare una donna - Elsa - che sappia apprezzarlo semplicemente per la sua umanità.

"Da una condizione di "spazio del Cuore" non può che discendere una condizione ancora più sottile e luminosa ossia di custodia della consapevolezza raggiunta allora compare Lohengrin "figlio" di Parsifal che può finalmente cercare una Donna, la propria parte femminile e con essa congiungersi senza che quest'ultima cerchi in lui la divinità come condizione per accettarlo. Qui si interrompe la via ascetica e ci si immerge nell'esperienza della vita, "umanità", con la consapevolezza e la conoscenza del divino, il richiamo a Zorba il Buddha qui appare emblematico."


Vediamo ora cosa dice della leggenda di Parsifal, Iulius Evola famoso scrittore orientalista e lui stesso iniziato alla tradizione ermetica, in un suo famoso libro "Il Santo Graal" dove confronta l'interpretazione del personaggio di Parifal nella tradizione ermetica e l'utilizzo che ne ha fatto il musicista Robert Wagner nella sua omonima opera lirica.

 "Venerdì santo. Nella cappella dei Cavalieri del Graal, sul "Montsalvat", Parsifal, il "puro eroe" o "puro folle", fa ritorno. Egli ha superato l'inconsapevolezza inerente alla sua stessa innocenza primitiva. Egli ha resistito alla lusinghe "delle fiori" e di Kundry, la bella creatura del mago Klingsor, che ottiene redenzione attraverso l'amore. La lancia del Graal che il re Amfortas aveva perduto peccando, egli l'ha riconquistata nel castello di Klingsor: è la lancia per la cui ferita sgorgò il sangue di redenzione di Gesù ma che anche piagò Amfortas, l'indegno e il lussurioso che volle accostare il Graal. Questa lancia, ora Parsifal la riporta dunque alla roccia del Graal. Al suo tocco, la ferita ardente di Amfortas scompare e il prodigio del venerdì santo si compie ancora una volta. Il Graal - che è coppa in cui Gesù bevve nell'ultima cena e che raccolse il suo sangue divino - si fa luminosa. Dall'alto scende una bianca colomba - lo Spirito Santo - fra la mistica esaltazione dei Cavalieri del Montsalvat".

"La trama dell'opera wagneriana, fa emergere alcuni spunti interessanti e simbolici che vanno evidenziati: il superamento dell'inconsapevolezza, da parte di Parsifal, della sua "innocenza primitiva", presuppone l'aver effettuato un percorso iniziatico, il "fa ritorno" è indicativo del fatto che il personaggio è stato da qualche parte per un certo tempo e l'innocenza che richiama l'etica cristiana e una sorta di predestinazione va riportato a quanto scritto nella prima parte circa il fatto che Parsifal fosse vissuto in un foresta, quindi allo stato "naturale" e "primitivo" è interessante notare come questo "vissuto" sia visto dalla prospettiva cristiana, come una preservazione dal peccato, che quindi si innescherebbe non solo per il fatto di essere nati e quindi incarnati, ma soprattutto per non essere stati contaminati dal contatto con la vita e le sue dinamiche. Questa condizione di purezza e innocenza prende corpo e si concretizza attraverso l'acquisizione della consapevolezza, in una parola quando si "accorge" della sua Innocenza e purezza che gli consentono di acquisire la "chiara visione". Infatti egli resiste alle tentazioni seduttive "delle fiori" e di Kundry che rappresentano la sessualità che però viene purtuttavia "contattata e conosciuta" per poter essere "superata" meglio sarebbe dire "sublimata". Qui si sta parlando di una via ascetica, shivaista, ed il superamento delle tentazioni sessuali si sostanziano nel riconoscimento della propria sessualità interiore intesa come controparte femminile con la quale avviene una fusione catartica e questo è possibile solo se la sessualità è vissuta e osservata con gli occhi dell'innocenza e non della cupidigia. La redenzione di Kundry attraverso l'amore non è altro che questa fusione sublimante tra la parte maschile e quella femminile. Parsfifal possiede la capacità taumaturgica perché possiede lo scettro magico del potere divino, la lancia, meglio la punta della lancia, chiaro riferimento al simbolismo fallico. Parsifal è portatore di Luce, di grazia e la sua presenza "contamina" tutto il gruppo di cavalieri sui quali discende lo "Spirito Santo" ovvero la consapevolezza divina. Questa è la visione dal punto di vista tantrico. Vediamo invece come viene letta questa saga dal punto di vista ermetico iniziatico occidentale"

Questa - come tutti sanno - è la trama del dramma mistico di Riccardo Wagner: solo attraverso il quale i più sanno qualcosa circa la leggenda del Graal. Dramma mistico al cento per cento, di un devoto languore cristiano che già provocò l'aspra rivolta del Filosofo del "superuomo" della "volontà di potenza", di Federico Nietzsche, contro il suo amico, Riccardo Wagner. Ma quali sono le fonti da cui Wagner ha tratto il suo dramma? E quali sono le corrispondenze effettive tra tale dramma e quelle fonti?

A tale riguardo s'impone un riconoscimento suscettibile ad estendersi anche al rapporto fra le opere della "Trilogia" wagneriana col contenuto effettivo dell'antica mitologia nordica. Non vi è adeguazione. Non vi è corrispondenza. Wagner ha preso degli spunti per formar arbitrariamente un mondo d'arte e di musica che sta per sé e che, fuor dal suo valor estetico, sotto vari riguardi, fuorvia, più che non propizi, la comprensione vera dei significati più profondi celati nei miti e nelle leggende originarie.

"Qui si può concordare con Evola, circa l'"arbitrarietà" dell'interpretazione fatta da Wagner del simbolismo esoterico della saga nordica e dei significati profondi insiti nella stessa, tuttavia se si ascoltano brani musicali, soprattutto quelli orchestrali (preludi, intermezzi ecc.) l'effetto emotivo che arriva provoca, in chi è particolarmente sensibile e predisposto, aperture interiori e stati di coscienza che la saga in questione intende evocare, qui per esempio ascoltiamo il preludio all'Opera Parsifal per capire di cosa si sta parlando."

 Ciò vale anche per il Mistero del Graal. Le fonti effettive di questa leggenda, provenzali e germaniche, non concordano che scarsamente con i tratti più salienti del dramma wagneriano. Parsifal non è un "puro", egli ha già conosciuto, e "tecnicamente", Banchefleur e, in nome della sua vocazione cavalleresca, ha lasciato morire sua madre. Kundry non è una bella creatura demonica strumento di Klingsor ma una vecchia al servigio degli stessi cavalieri del Graal. La lancia non è mai stata rapita. In Wolfram Von Eschenbach il Graal non è una coppa, ma una pietra, e una pietra "luciferina": in altri testi, è un singolare oggetto che appare e sparisce ed è dotato di proprio movimento senza che nulla nemmeno da lontano possa richiamare il calice dell'Eucaristia. Simboli essenziali, come la spada spezzata e la prova della spada, il re morto o in letargo e la sua resurrezione, sono stati tralasciati da Wagner. E così via. Ma oltre a tutto questo è da dirsi che il contesto dei testi ci mostra che quella del Graal non è una leggenda cristiana che alla superficie, che i suoi elementi costitutivi sono di ben altra natura e retrocedono ben più lontano.

"Questa lettura che Wagner fa del personaggio Parsifal, non è certamente quello che Evola si aspetta, infatti quest'ultimo definisce Parsifal non più "puro" perché ha conosciuto carnalmente la donna, Biancofiore, ed ha lasciato morire la madre. Ebbene se questi episodi si leggono come vanno letti ossia in chiave iniziatica, si comprende facilmente che la conoscenza carnale della donna è la consapevolezza della propria sessualità come mezzo per "conoscere" la propria donna interiore che non a caso qui è chiamata "Biancofiore" e l'uccisione della madre non è altro che l'emancipazione dal condizionamento della figura materna che non lascia spazio alla figura femminile da ritrovare in se stessi e di cui la madre non è che una proiezione. Anche tutte le altre figure, oggetti e personaggi che il musicista inserisce nella trama dell'opera hanno una loro controparte simbolica: Kundry è l'aspetto seducente e "demonico" della via shaktica che viene scelta da Parsifal al posto della via ascetico-eroica tipica del cavalierato, allora Kundry privata della sua parte seduttiva e sessuale diventa una "vecchia" al servizio dei cavalieri, una sessualità sublimata. La pietra luciferina (luminosa) facilmente accostabile alla Pietra Filosofale della tradizione alchemica. Il fatto poi che Wagner abbia tralasciato la parte che riguarda il re morto, il letargo e la resurrezione, è comprensibile se si considera che il personaggio centrale dell'opera è Parsifal e il suo percorso interiore verso l'illuminazione e non il contesto generale della saga Arturiana che riguarda un spettro più ampio del percorso di cambiamento e trasformazione."  

 La tradizione cattolica, infatti, nulla sa circa il Graal e lo stesso dicasi per i primi testi del cristianesimo in genere.

La letteratura cavalleresca fiorita intorno al Graal si affolla inesplicabilmente in un breve periodo, suscita un intenso interesse e poi scompare subitamente: nessun testo è anteriore al primo quarto del XII secolo e nessuno è posteriore al primo quarto del XIII secolo. Onde, l'impressione che si ha è quella di qualcosa di sotterraneo affiorato momentaneamente, ma subito respinto e soffocato da un'altra forza: quasi al titolo di una tradizione segreta che sotto "spoglie strane" tramandava un insegnamento poco riconducibile a quello della Chiesa allo stesso modo che la posteriore letteratura dei cosiddetti Fedeli d'Amore (secondo quanto è risultato dalle ricerche del compianto Luigi Valli), o la stessa letteratura ermetico-alchemica o, infine la tradizione stessa dei Templari. E - si noti - Wolfram Von Eschenbach chiama esattamente i cavalieri del Graal "templeise", cioè i templari...

"Che ci sia un file rouge che lega in ogni tempo e luogo il percorso di iniziazione alla reale identità è un fatto acclarato, finora è emerso, a tratti, per ricordare a chi sa che è esistito, esiste ed esiterà sempre essendo perennemente in una condizione di presenza centrale nel qui e ora le fasi di "emersione" sono occasioni di aggancio a quella dimensione, e l'affiorare apparente è in realtà la capacità di chi ha la visione di riuscire a vederlo, esso è sempre presente è uno status connaturato al principio che non può non esistere essendo il riflesso e la controparte della realtà apparente, è sempre lì e può essere visibile o meno a seconda della capacità di percepirne la presenza. Ma torniamo alla descrizione di Evola"

Quando agli oggetti che figurano nella leggenda del Graal: una lancia, una coppa che da "nutrimento di vita", o una pietra che ha il potere di designare i cavalieri atti a rivestire dignità regale - tali oggetti si ritrovano già in tradizioni precristiane. Tutti e tre, ad esempio, figurano già fra gli oggetti simbolici che, secondo una leggenda irlandese, la "razza divina" preistorica dei Tuatha avrebbe portati seco in Irlanda venendo da Avallon, un'enigmatica terra occidentale che forse è la stessa Atlantide del racconto di Platone. Vi è di più. La stessa antica tradizione romana presenta singolari corrispondenze. Numa costituì il collegio sacerdotale dei Salii a custodire un pegno, concesso dal Cielo, della grandezza dell'impero, pegnum imperii. Questi sacerdoti erano dodici - come dodici sono i principali cavalieri che custodiscono il Graal. Essi recavano una hasta o lancea, che è l'alto oggetto custodito, insieme alla coppa, da quei cavalieri. E di tale coppa, o anche della pietra regale, che è il Graal, essi hanno l'equivalente, in quanto ché ciascuno dei Salii ha, insieme alla hasta, un ancile, cioè uno scudo che però il Dumézil ha dimostrato avere il significato di recipiente che fornisce l'ambrosia, cioè un mistico nutrimento, proprio come la coppa del Graal o il recipiente dei Tuatha. E poiché, secondo questa leggenda romana, l'ancile sarebbe stato ricavato da un aerolito, o pietra divina discesa dal cielo, in ciò non solo vi è corrispondenza con la pietra regale o "fatidica" dei Tuatha (pietra che ancora oggi si conserva a Westmister e che è nera, nera come il misterioso lapis niger dei romani), ma vi è anche un motivo che riporta alla versione della leggenda del Graal secondo la quale lo stesso Graal sarebbe stato ricavato da una pietra caduta dal cielo, da uno smeraldo che ornava la fronte di Lucifero prima della sua rivolta. In più, la leggenda riferisce che, sotto tale forma, il Graal fu anche perduto da Adamo, fu riconquistato da Seth, passò in fine nelle mai di Giuseppe di Arimatea, un cavaliere ai servigi di Ponzio Pilato, il quale, dopo la morte di Gesù, lo portò in una regione che in alcuni testi reca enigmaticamente proprio il nome della regione atlantica misteriosa, patria originaria dei Tuatha, la razza divina che già aveva gli oggetti equivalenti a quelli della leggenda del Graal: nell'Avallon, insula Avallonis, l'isola bianca, ille blanche. Da qui si sviluppa un nuovo ciclo di leggende, ove le vicende dei "cavalieri celesti" alla ricerca del Gral si intrecciano con quelle della corte di Re Artù, cioè con motivi che provengono da antichissime tradizioni celtiche, se non anche druidiche.

In tutto ciò si hanno corrispondenze e connessioni che, per chi sa della logica segreta che sempre presiede alla formazione dei simboli tradizionali, non sono affatto casuali o stravaganti. La sostanza originaria della leggenda del Graal si mantiene anche nella sua successiva forma cristianizzata, in quanto ché suo motivo centrale non è più il "peccato" di Amfortas, né la "tentazione" del "puro folle", non qualcosa di "mistico" bensì qualcosa di essenzialmente "regale" e guerriero: è il motivo del re morto e della spada spezzata da rinsaldare in connessione ad un'impresa pericolosa e mortale proposta ad un eroe, che, riuscendo, si eleva ad una dignità trascendente, contrassegnata da questa singolare formula, che si trova nell'antico testo del Merlin: "Onore e gloria e potenza e gioia sempiterna al distruttore della morte!"

Julius Evola

"Risulta evidente, da quest'ultima parte dello scritto, che l'interpretazione dei personaggi comparata con le varie leggende nordeuropee, il simbolismo iniziatico di una serie di passaggi, prove, superamento di limiti, rituali e celebrazioni, si rifanno alle più note via di trasformazione e cambiamento. con una inevitabile propensione all'eroismo guerriero di tipo ascetico nel quale si compiace l'autore per il suo orientamento e la sua visione della tradizione ermetica.

La visione guerriero-eroica ha prodotto, oltre che persone "illuminate", nella sua parte contaminata da deviazioni egoico-spirituali, una serie di eventi distruttivi e non proprio illuminanti nella storia recente con la esaltazione del superuomo e della razza. Il nazismo né è sta la rappresentazione più emblematica, come molti forse non sanno c'è stata una forma di nazismo esoterico: i gerarchi del partito erano fortemente attratti dalle tradizioni iniziatiche orientali comparandole e mischiandole a quelle occidentali. I rappresentanti del nazismo erano convinti di reincarnare le antiche razze solari occidentali ed avevano tratto lo stesso simbolismo solare anche da quelle orientali segnatamente quella tibetane di orientamento shivaista traendone anche i simboli (vedi la croce uncinata). Viene riferito che i capi si riunivano in gruppi segreti per praticare riti e celebrazioni al fine di "caricarsi" energeticamente e magicamente nella loro dimensione di guerrieri e conquistatori, non si sa quali fossero concretamente le pratiche e i rituali utilizzati in queste riunioni segrete. Le conseguenze però, sono state decisamente etero e auto distruttive.

Parsifal, il puro folle, e la leggenda di re artu, i templari e tutti i movimenti guerriero-misterici, l'esaltazione della redenzione attraverso il sacrificio e il raggiungimento di livelli elevati di spiritualità attraverso vie cruente e sanguinose, leggende e saghe esaltate sia da filosofi e scrittori, vedi Nietshce con il suo "Superuomo" e del misticismo esasperato e lirico di Wagner, hanno direttamente e indirettamente alimentato la visione di un mondo rigenerato e redento attraverso sacrifici e catarsi a volte cruenti. Perlomeno questo è il senso che ne è stato tratto da chi non aveva la visione e la consapevolezza dei valori simbolici ed iniziatici che esse contenevano.

A conclusione di questa lunga disamina del personaggio-simbolo Parsifal, tra i più significativi della visione romantico, mistica, eroica con la quale, soprattutto l'occidente, si è avvicinato al percorso iniziatico mirato alla trasmutazione, vediamo e sentiamo come, ai giorni nostri e in una dimensione musicale lontanissima da quella Wagneriana, viene interpretato questo stesso personaggio e come viene interiormente vissuto. Mi riferisco al brano "Parsifal" scritto e cantato da un gruppo musicale pop italiano molto famoso i Pooh."