Parafrasando Day After

26.03.2020

Dopo tre settimane di isolamento, ho deciso di buttar giù due righe di riflessione. Tralascio le tantissime ipotesi caotiche e discordanti sul come e sul perché di quello che sta accadendo, la mia attenzione è alle sensazioni emotive e fisiche.

Tanti i suggerimenti su come utilizzare questo momento di forzata introspezione. Dalle raccomandazioni ufficiali di routine che "commuovono" per la loro scontata prevedibilità, ad alcune intuitivamente più interessanti come l'invito a meditare, a praticare esercizi fisici per l'intorpidimento muscolare e l'indebolimento psicologico ed energetico.

E' obbiettivamente difficile trovare un equilibrio che consenta di gestire l'immobilità per chi fa della mobilità e del fare compulsivo la propria ragione di vita. Sono le persone che più soffrono per questa condizione.

Io stesso, nonostante i molti anni di pratica meditativa e di ritiri impegnativi, verifico la durezza di un regime di ristrettezza spaziale che va ben oltre i termini sperimentabili in un'esperienza iniziatica, tutto sommato volontaria e protetta. E poi, c'è un elemento in più che va ad aumentare l'intensità della prova.

Questo elemento è il "pericolo" che sembra annidarsi negli spazi dove si colloca l'apparente libertà di movimento. Nei ritiri volontari, se vai in crisi puoi sempre "ritirarti". Il fuori, pur caotico, condizionante e sostanzialmente illusorio, ti può accogliere, in questo caso no.

Per cui questa condizione somiglia sempre più alla privazione della libertà, è come essere condannati agli arresti domiciliari, senza avere la certezza di quando saranno revocati.

Per "evadere" devi diventare introspettivo, osservare, dare spazio al sentire per trasformare l'isolamento in opportunità, ritrovare passo dopo passo tutto quello che avevi trascurato fino a quel momento: il senso di te, anche fisico, prenderti cura dello spazio che ti circonda, ascoltare musica, leggere, comunicare e condividere se non sei solo; aprirti nuovamente alla creatività e se sei sulla "via" della consapevolezza, meditare e praticare.

Questo approccio sarebbe ideale ed auspicabile ma per attuarlo presuppone un isolamento, questo sì volontario, dai media.

Media che, se utilizzati come opportunità di "svago" possono offrirti: intrattenimento, film, cultura (molto poca), musica. Purtroppo c'è qualcosa che si insinua, subdolamente, a vanifica tutto il resto, le "news", generatrici seriali di panico e paura.

I notiziari, a quelli mi riferisco, sembrano trailer di film catastrofisti, immagini scioccanti e commenti drammatici, sequenze incasellate come in un puzzle per suscitare emozioni destabilizzanti e sconvolgenti. Non sono le fredde statistiche, quelle ufficiali, che pur inducendo ansia e preoccupazione, sono numeri che in quanto tali, lasciano spazio immaginativo a scenari ottimistici e soprattutto sono silenziosi.

Le immagini e le descrizioni che accompagnano i notiziari, invece, non lasciano margine all'immaginazione.

E' tale l'accanimento dei media a esaltare il lato tragico della situazione che viene da pensare che chi programma i palinsesti abbia interessi miseramente legati all'audience se non peggio....

Ma torniamo da quello che appare a quello che "arriva". Le descrizioni apocalittiche sembrano scenografie da film di guerra, dove c'è un nemico, immancabilmente cattivo e liberticida, che deve essere sconfitto dai portatori di libertà e da illuminati ante litteram.

Il mito dell'eroe, con la variante che il nemico e l'ostacolo da superare vengono generati con lo scopo di mettersi alla prova, anche a costo di sacrifici, quasi sempre collettivi, per verificare la maestria con la quale si riesce a venirne fuori.

Il videogioco è la similitudine che mi viene in mente. Creare giochi sempre più difficili e pericolosi per metter alla prova il proprio grado di abilità e di capacità di evitare trappole o handicap e combattere il mostro di turno che compare all'improvviso dal nulla.

Prontezza di riflessi, velocità e capacità elaborativa, strategia, abilità. In una parola efficienza competitiva e combattiva. L'eroe come rappresentazione egoica, inconsciamente o coscientemente aggressivo. Nulla a che vedere con lo spazio del Cuore e il donare con amore.

Lascio ad altri il compito di collegare le circostanze più o meno sospette di questo gioco al massacro, di verificare se ci sono o meno disegni occulti.

Quello che mi preme ricordare è che tutto ciò che sembra accadere per caso è il risultato dell'esperienza animica che si è deciso di affrontare e che, per questo, viene automaticamente generata.