La Provvidenza, la Volontà, il Destino

28.08.2014

Iniziamo con questo scritto di Renè Guènon che è uno dei più famosi studiosi del pensiero orientale e uno dei primi che ha mirabilmente comparato la tradizione iniziatica occidentale al pensiero tradizionale orientale. In questo scritto si occupa dei tre principi della Provvidenza, Volontà, Destino.

In particolare comparandoli al pensiero Cinese e alla tradizione alchemica occidentale, richiamando il principio di Yin e Yang, del Cielo e della Terra, situando l'uomo a metà del percorso ovvero al centro, come volontà che collega la Provvidenza e il Destino, il richiamo al principio Taoista che l'uomo fa da collegamento tra Cielo e Terra è evidente, la mirabile alchimia che accade dentro l'essere umano crea i presupposti per la fusione tra ciò che è in alto con ciò che in basso, eliminando la dualità che crea la differenza. E quello dello Zolfo alchemico per quanto riguarda la volontà che fa da elemento catalizzatore tra gli altri due principi fondendoli.

Come più volte abbiamo avuto modo di scrivere, nel Tantra il principio dell'unità è alla base di tutta la via; è interessante quindi qui analizzare quei principi in base alla visione tantrica. Nel Tantra e nel pensiero indiano in generale la Provvidenza è una identificazione passiva una proiezione inconsapevole nella matrice che genera l'esistenza, l'intenzione che muove tutto, il Destino è la parte operativa e creativa della Provvidenza che va a formare una sorta di fiume sotterraneo che segna costantemente il suo percorso verso la foce e che a tratti affiora in superficie a delineare quello che viene percepito come il percorso ineluttabile costituito dalla nascita, dall'esperienza di vita e dalla morte. La Volontà è invece la capacità di far accadere tutto ciò che è in sintonia tra l'intensione e la sua manifestazione quindi tra la Provvidenza e il Destino.

Va detto, prima di ogni altra cosa, che i tre principi di Provvidenza, Volontà e Destino suggeriscono nel loro stesso significato un approccio passivo all'esistenza. Per Provvidenza si intende qualcosa o qualcuno che provvede, che decide ciò che è meglio per noi, come un padre con i propri figli, il Destino appare come la volontà di dio che va accettata come imprescrutabile mistero. L'unico principio che parrebbe attivo è la volontà, ma anche in questo caso essa viene identificata nella volontà divina oppure da una prospettiva laica come la possibilità di intervenire sulle cose e sulla realtà per plasmarla e assoggettarla a progetti e scopi.

Anche in questo secondo caso però si tratta di una volontà condizionata in questo caso dall'Ego che è il mezzo attraverso il quale si manifesta l'intenzione per realizzare la sua esperienza, l'identificazione con l'ego porta alla convinzione che, con la volontà, si possa intervenire e o interferire con ciò che avviene. Nel caso del pensiero credente se le cose non vanno come si vorrebbe subentra la rassegnazione che dà credito ad una volontà superiore o divina, nel pensiero laico si afferma il principio della conflittualità, come dire: se non riesco ad raggiungere un obbiettivo qualcosa o qualcuno me lo impedisce. In buona sostanza, convinti che si possa fare tutto e intervenire su tutto, anche ciò che comunemente viene accettato come soluzione condivisa, ogni mancato traguardo è frutto di una forza oppositrice generalmente individuata nell'altro che si oppone e non vuole.....

L'ego, come più volte abbiamo affermato, è però necessario in funzione dell'esperienza di vita, la differenza sta nell'essere consapevoli che esista e della sua funzione, la volontà in questo caso può essere identificata nella stessa intenzione o "provvidenza", avendo provveduto a collegare i due principi tra loro, a quel punto si comprende anche l'esistenza di un "destino". La sintesi e la continuità annullano per un verso la divisione e la contrapposizione e per l'altro la mera rassegnazione. Nel Tantra, in definitiva il principio "provvidenza" è l'intenzione creativa, o Shiva, e il "destino" la sua forma esperenziale o Shakti. La "volontà" diventa la chimica alchemica del lasciar accadere con consapevolezza ciò che deve accadere osservandone tutte le sfumature penetrando direttamente nell'esperienza; il lasciar accadere e il qui e ora afferma il principio di "volontà" che non è passiva come potrebbe sembrare poichè presuppone l'identificazione attiva con l'identità che vuole "quello che sta accadendo", si scioglie quindi la contrapposizione tra volontà che cerca di creare e volontà che cerca di imporsi.

Vediamo ora cosa dice Guenon in proposito.

Per completare quel che abbiamo detto sul ternario Deus, Homo, Natura, parleremo brevemente di un altro ternario che gli corrisponde chiaramente termine per termine: si tratta di quello formato dalla Provvidenza, la Volontà e il Destino, considerati come le tre potenze che reggono l'Universo manifestato. Le considerazioni relative a questo ternario sono state sviluppate, nei tempi moderni, soprattutto da Fabre d'Olivet1, su dei dati di origine pitagorica; egli fa peraltro anche riferimento secondariamente, a più riprese, alla tradizione cinese2, in un modo che implica egli ne abbia riconosciuto l'equivalenza con la Grande Triade. «L'uomo, egli dice, non è né un animale né una pura intelligenza; è un essere intermedio, posto tra la materia e lo spirito, tra il Cielo e la Terra, per esserne il legame»; e si può qui riconoscere chiaramente il posto e il ruolo del termine mediano della Triade estremo-orientale. «Che l'Uomo universale3 sia una potenza, è costatato dai codici sacri delle nazioni, colto da tutti i saggi, anzi ammesso dai veri sapienti ... Le altre due potenze, in mezzo alle quali egli è posto, sono il Destino e la Provvidenza. Sotto di lui è il Destino, natura necessitata e naturata; sopra di lui è la Provvidenza, natura libera e naturante. Egli è, lui, in quanto regno ominale, la Volontà mediatrice, efficiente, posta tra queste due nature per servir loro da legame, da mezzo di comunicazione, e riunire due azioni, due movimenti che sarebbero incompatibili senza di lui». È interessante notare che i due termini estremi del ternario sono espressamente designati con Natura naturans e Natura naturata, conformemente a quel che dicevamo sopra; e le due azioni o i due movimenti di cui si tratta non sono in fondo altro che l'azione e la reazione del Cielo e della Terra, l'alterno movimento dello yang e dello yin. «Queste tre potenze, la Provvidenza, l'Uomo considerato come regno ominale, e il Destino, costituiscono il ternario universale. Nulla sfugge alla loro azione, tutto è loro sottomesso nell'Universo, tutto, eccetto Dio stesso che, avvolgendoli nella sua insondabile unità, forma con esse questa tetrade degli antichi, questo immenso quaternario, che è tutto in tutti, e al di fuori del quale non vi è nulla». È questa un'allusione al quaternario fondamentale dei Pitagorici, simboleggiato dalla Tetraktys, e quel che ne abbiamo detto in precedenza, a proposito del ternario Spiritus, Anima, Corpus, permette di capire a sufficienza quale ne sia il significato perché non occorra ritornarvi. D'altra parte, bisogna anche osservare, poiché ciò è particolarmente importante dal punto di vista delle concordanze, che "Dio" è qui inteso come il Principio in se stesso, a differenza del primo termine del ternario Deus, Homo, Natura, sicché, in questi due casi, la stessa parola non è presa nella stessa accezione; e, qui, la Provvidenza è solo lo strumento di Dio nel governo dell'Universo, esattamente come il Cielo è lo strumento del Principio secondo la tradizione estremo-orientale.

Ora, per capire perché il termine mediano è identificato, non soltanto all'Uomo, ma più precisamente alla Volontà umana, occorre sapere che, per Fabre d'Olivet, la volontà è, nell'essere umano, l'elemento interiore e centrale che unifica e avvolge4 le tre sfere intellettuale, animica e istintiva, alle quali corrispondono rispettivamente lo spirito, l'anima e il corpo. Siccome d'altronde si deve ritrovare nel "microcosmo" la corrispondenza del "macrocosmo", queste tre sfere vi rappresentano l'analogo delle tre potenze universali che sono la Provvidenza, la Volontà e il Destino;

e la volontà gioca, rispetto a esse, un ruolo che ne fa come l'immagine del Principio stesso. Questo modo di considerare la volontà (che peraltro, occorre dirlo, è insufficientemente giustificato con considerazioni più d'ordine psicologico che veramente metafisico) va accostato a quel che abbiamo detto in precedenza a proposito dello Zolfo alchemico, poiché in realtà proprio di questo si tratta. In più, vi è là come una sorta di parallelismo fra le tre potenze, poiché, da un lato, la Provvidenza può evidentemente essere concepita come l'espressione della Volontà divina, e, dall'altro, il Destino stesso appare come una sorta di volontà oscura della Natura. «Il Destino è la parte inferiore e istintiva della Natura universale6, che ho chiamato natura naturata; si chiama fatalità la sua azione propria; la forma nella quale si manifesta a noi si chiama necessità ... La Provvidenza è la parte superiore e intelligente della Natura universale, che ho chiamato natura naturante; è una legge vivente emanata dalla Divinità, per mezzo della quale tutte le cose si determinano in potenza d'essere7 ... È la Volontà dell'uomo, come potenza mediana (corrispondente alla parte animica della Natura universale), a riunire il Destino alla Provvidenza; senza di essa, queste due potenze estreme non solo non si riunirebbero mai, ma non si conoscerebbero nemmeno8».

Un altro punto molto meritevole di considerazione, è il seguente: la Volontà umana, unendosi alla Provvidenza e collaborando coscientemente con essa9, può equilibrare il Destino e riuscire a neutralizzarlo10. Fabre d'Olivet dice che «l'accordo tra la Volontà e la Provvidenza costituisce il Bene; il Male nasce dalla loro opposizione.

L'uomo si perfeziona o si corrompe a seconda che tenda a confondersi con l'Unità universale o a distinguersene12», ossia a seconda che, tendendo verso uno o l'altro dei due poli della manifestazione13, che corrispondono infatti all'unità e alla molteplicità, egli allei la sua volontà alla Provvidenza o al Destino e si diriga così, o dal lato della "libertà", o dal lato della "necessità". Egli dice anche che «la legge provvidenziale è la legge dell'uomo divino, che vive principalmente di vita intellettuale, di cui essa è la regolatrice»; peraltro non precisa meglio il modo in cui intende questo "uomo divino", che può indubbiamente, secondo i casi, essere assimilato all'"uomo trascendente" o soltanto all'"uomo vero". Secondo la dottrina pitagorica, seguita del resto su questo come su molti altri punti da Platone, «la Volontà animata dalla fede (e per ciò stesso associata alla Provvidenza) poteva soggiogare la Necessità stessa, comandare alla Natura e operare miracoli». L'equilibrio tra la Volontà e la Provvidenza da una parte e il Destino dall'altra era simboleggiato geometricamente

dal triangolo rettangolo i cui lati sono proporzionali rispettivamente ai numeri 3, 4 e 5, triangolo al quale il Pitagorismo attribuiva una grande importanza, e che, per una coincidenza pure assai degna di nota, ne ha altrettanta nella tradizione estremo-orientale. Se la Provvidenza è rappresentata dal 3, la Volontà umana dal 4 e il Destino dal 5, in questo triangolo si ha: 32+42=52;

l'elevazione al quadrato dei numeri indica che ciò si riferisce al dominio delle forze universali, ossia propriamente al dominio animico, quello che corrisponde all'Uomo nel "macrocosmo", e al centro del quale, in quanto termine mediano, si situa la volontà nel "microcosmo".

René Guénon