Gestire pause e discontinuità

01.09.2015

Osho nei suoi discorsi, esortava gli ascoltatori a prestare molta attenzione alle pause tra una parola e l'altra piuttosto che a quello che diceva, perché nelle pause era possibile percepire il senso delle cose dette e il senso di se nel conseguente silenzio. Allo stesso modo se sei in meditazione vivi l'esperienza e ne assapori la bellezza e l'intensità nelle pause, nel non fare, in attesa di una nuova esperienza e di un nuovo fare. Se non sei in meditazione se non sei un testimone silenzioso che osserva e ascolta, resti legato alle parole e al fare e i momenti di pausa diventano momenti di disagio di malinconia di trepidazione perché rimani legato all'esperienza che hai appena vissuto e perché vuoi che ne accada subito un'altra. Hai spezzato la continuità, non sei in meditazione, sei l'esperienza, le parole, il fare, non sei te stesso!Le pause in realtà non esistono, sono generate dalla mente per creare l'esperienza, un prima e un dopo, un fare e non fare, l'estrema pausa percepita come tale è la morte, intesa come un finire, la pausa delle pause, ma anche la nascita è generata da un apparente pausa, il subito dopo nato e l'immediato prima di morire costituisce un lungo fare e agire tra due pause, nel lungo agire ci sono a loro volta pause, discontinuità che generano il tempo, i giorni. Tutta la tua esperienza è generata da questo insieme di pause che dividono diversi fare. Sei in mano alla mente e agisci in base a quello che ti propone, la mente non è più un mezzo attraverso il quale vivere l'esperienza di vita ma diventa essa stessa la vita, ti sostituisce creando discontinuità e spezzando quindi la continuità del tuo essere e della tua esperienza. L'esempio del fiume che scorre, spesso richiamato da Osho, è la rappresentazione più efficace di questa continuità, il corso di un torrente può avere delle anse, dei salti, dei rallentamenti, delle accelerazioni, ma non c'è interruzione non riesci a vedere il corso di un fiume interrompersi, seguito da un tratto di letto asciutto e arido e qualche metro più in la, riprendere come per incanto il suo fluire, può scomparire alla vista per un percorso sotterraneo ma poi riaffiora, sotto ha continuato ad essere omogeneo continuo e così sarà fino allo sbocco nel mare o al blocco di una grande diga ma anche lì comincerà ad allargarsi ad espandersi e per porre freno alla sua pressione si aprono le chiuse per dargli sfogo.
Così è la vita del meditatore, un fluire continuo senza pause, le apparenti pause sono ancora un fluire, un fluire senza fare ma la percezione è di essere sempre nella continuità della consapevolezza di se un osservatore per il quale quando scompare l'oggetto dell'osservazione subentra l'oggetto della pausa che è anch'essa esperienza, solo che la mente legata al fare te la rappresenta come un'interruzione. Anche la nascita e la morte sono inganni della mente, che fissa il momento in cui cessa un non essere e comincia un essere quando costruisce il tempo e le sue pause, ovvero quando prende possesso dell'esperienza e te la rimanda secondo la sua scansione. La mente non "ricorda" il prima di nascere e non conosce il dopo morte perché in quei momenti non c'è e fuori gioco, si crea il suo tempo con due grandi pause solo per aver la certezza di esistere. Nella meditazione non c'è una nascita o una morte, non c'è un inizio e una fine, c'è solo una infinita continuità, fatta da apparenti vuoti e pieni, suoni e silenzi, di cui la nascita e la morte rappresentano i due apici o confini di diverse esperienze. E come se fossi a un cinema e vedi un film, termina il primo tempo c'è l'intervallo e poi comincia il secondo, in quel lasso di tempo se sei nella mente e pensi di essere ciò che stai vedendo, penserai di non esserci più, di essere finito, se sei spettatore continui ad essere lì anche in assenza di immagini e quando comincerà il secondo tempo sarai ancora lì. L'estrema grande pausa della morte non è che un intervallo che visto dalla mente è un finire perché essa finisce di esistere come produttrice delle immagini. La meditazione che ti pone fuori dalla mente o meglio che te la pone come mezzo per generare l'esperienza non conosce intervalli o pause e crea in te le condizioni di una pura continuità.
Il Tantra è una via che usa la meditazione e tecniche millenarie per porti nella condizione di essere nella continuità in particolare questo diventa possibile quando raggiungi lo spazio del Cuore e l'espansione della consapevolezza, allora lo scorrere orizzontale diventa una espansione circolare in cui le pause non possono esistere, potrai non essere sempre nello spazio del Cuore, ma se lo hai conosciuto, sai come tornarci, quando la mente prende il sopravvento e ti crea un ritmo, una discontinuità, una pausa, puoi espanderti e ritornare nello spazio del Cuore assorbendo la pause e riconducendole a quelle che sono in realtà: "sfumature" della continuità. Per far questo devi aver lavorato con totalità e continuità sulla via del Tantra, creando i presupposti per un ripristino della condizione meditativa quasi "automatica".
Un esempio emblematico della incidenza della discontinuità nella tua vita è il lavoro soprattutto quello dipendente, finché la tua esperienza è dettata e costruita intorno a step, programmi, orari, giorni tutto sembra avere un senso e filare "liscio", il problema grosso si presenta quando smetti di lavorare, rischi di andare in crisi perché ora non sai come gestire la grande pausa o meglio l'assenza della discontinuità che aveva dato un "senso" alla tua vita, crisi di astinenza da discontinuità, intossicazione da pause calendarizzate, orari, giorni...
Allora devi subito creare nuovamente i presupposti per le pause a la calendarizzazione del fare, o spostare l'attenzione sul fare degli altri e gestire le pause degli altri o trovare un'altra attività che ti tenga "impegnato".
Se sei in meditazione userai questa condizione per dare vita alla tua reale identità, alla creatività, al talento, ora puoi offrire, donare, darti agli altri e all'esperienza con assoluta totalità, il tuo agire sarà lo specchio l'espressione di quello che realmente e profondamente sei, senza ruoli o agiti imposti da modelli e schemi precostituiti, una grossa occasione che non devi assolutamente perdere prima della grande "pausa", prima dell'intervallo. Sarai allora pronto ad essere profondamente te stesso anche durante il grande intervallo e goderti l'esperienza.
E' in crescita il "fenomeno" di chi all'improvviso lascia il lavoro dipendente senza un apparente motivo, anche il più redditizio, per darsi alla ricerca profonda di se del proprio talento, delle proprie capacità e offrirle all'esperienza di vita che diventa più autentica e diretta, se però non sei nella meditazione e nell'espansione questa scelta può creare fratture e crisi molto profonde, sta accadendo anche questo. Il segnale però è chiaro: un modello sta degenerando, sempre più avverti di essere in una "trappola" mentale in uno schema ripetitivo che ti rende schiavo di un fare al servizio di un'entità astratta (pubblica) o fortemente egoica (privata).