Frammenti di un'esperienza

01.04.2014

La pratica del Tantra è una via difficile, rischiosa. Devi essere temerario, "eroico" per percorrerla, e avrai per compagno l'ego, che ti servirà per vivere l'esperienza, ma sarà anche tuo nemico perché ti contrasterà ogni volta che vorrai sperimentare, osare, provare, qualcosa che non sia routine, abitudine, schema. Tu introduci la variabile nello schema e l'ego ti contesta "cosa stai facendo, questo non è logico non posso governarlo, mi manda in crisi, smettila!" E tu obbedisci e torni nello schema, se sei consapevole e resti un "passo indietro", osservi il tuo agire senza schema e l'ego che si ribella, accetta entrambe le cose e allora l'ego dovrà arrendersi ai tuoi voleri. Hai un ego debole, destrutturato, evita di percorrere la via del Tantra. 

Può essere profondamente dolorosa, ti frammenterà, ti scaraventerà all'inferno. Rafforza prima il tuo ego quindi usalo per raggiungere la liberazione. Praticando la via del Tantra ed espandendoti, accetti il rischio di essere pervaso da ogni sorta d'energie, di aprirti come una ferita chirurgica esposta ad infezioni. Ti puoi sentire perso, preso dal panico e dal terrore. Sii temerario, perditi in ognuna di queste sensazioni, esplorale fino in fondo e le trascenderai una ad una. Per far questo, però devi radicarti, penetrare profondamente dentro il flusso dell'esperienza, oppure galleggiare abilmente sulla corrente che fluisce, imprevedibile e inarrestabile. 

Resta dentro la corrente e osserva tutto quello che accade: se scorgi uno scoglio o un ramo sporgente, non cercare di aggrapparti, sarai svelto dalle radici, o uscirai dal flusso e dipenderai dallo scoglio e dal ramo e soffrirai se il ramo si spezza e lo scoglio ti ferisce. Nei gruppi, con un maestro, puoi sperimentare liberamente, perché sei in un contenitore energetico che ti accoglie e ti protegge. Decidi di praticare il tantra nella vita di tutti i giorni allora accetti il rischio, perché lì nessuno può proteggerti, sei da solo alle prese col cambiamento e la trasformazione e se non sei sprofondamene radicato l'esperienza può destabilizzarti. Il confine tra la sperimentazione e la routine diventa molto sottile. Entri nella dinamica della dipendenza o del controllo dell'altro, senza neanche accorgertene. 

L'altro ha un'esigenza che non coincide con le tue aspettative e allora scatta il senso d'abbandono, l'ansia di comprendere; ti chiedi dove hai sbagliato, rimugini e ricostruisci tutto quello che hai fatto e detto per trovare una falla, un errore, un qualcosa che, se riparato, può riportare tutto a "com'era prima". Non cogli che il rapporto è anche questo, lasciare all'altro un momento d'elaborazione senza la tua presenza, che il rapporto è anche assenza dell'altro, è anche silenzio. Rispetta quel silenzio, consenti all'altro di elaborare anche senza di te e concediti tutto il resto dell'esperienza che vuoi fare senza aspettare l'altro, non perderti nell'attesa, non cristallizzarti nella malinconia e nel rimpianto, pensa che ancora una volta tu stai dando amore all'altro concedendogli d'essere "libero" da te fino a che sarà necessario o anche per sempre, tu continua a vivere la tua vita!