Doppia gabbia
Sentivo oggi la notizia che in Danimarca, mi pare, hanno presentato o approvato una proposta di legge che prevede l'affido agli zoo degli animali abbandonati dai loro padroni.
La proposta come al solito ha suscitato approvazioni e polemiche. Sempre meglio l'affido che l'abbandono per le prime, osceno solo pensarci per le seconde.
Gli intransigenti sono quelli che non abbandonerebbero mai i loro protetti, però proprio per questa loro assoluta coerenza non riescono a concepire che qualcuno possa invece vivere l'esperienza del possesso di un animale solo come passatempo, compagnia occasionale, una scelta che più delle volte è dettata da situazioni emotive particolari e contingenti. La casistica delle motivazioni psicologiche che spingono certe persone a prendere con se gli animali è troppo nota perché qui si debba elencarla.
Questo come ogni altro fenomeno sociale che sia dettato da sensibilità e amore per gli animali o una "moda" o "rimedio terapeutico", viene incoraggiato, promosso, omologato e sfruttato per ragioni commerciali e di profitto. Un vero e proprio giro di affari che stimola l'avidità di aziende sempre più numerose, basta notare quanto indotto ruota intorno agli animali domestici da quella storica dell'assistenza sanitaria, alla più frivola e attuale del vestiario, dei mezzi da trasporto, passando per l'alimentazione sempre più sofisticata e costosa e per questo l'offerta diventa sempre più creativa e differenziata con la evidenze tendenza a equiparare le esigenze animali a quelle umane, raddoppiando in pratica il profitto.
L'altro aspetto meno visibile ma non per questo meno insidioso va oltre il consumismo: l'animale da compagnia e utilizzato come mezzo di condizionamento, controllo e dipendenza per distogliere l'attenzione, incentivare l'isolamento individuando nell'animale un elemento più affidabile ed efficacie delle relazioni interpersonali e di interazione con l'altro, soprattutto per affrontare i problemi esistenziali; una sorta di panacea alla soluzione di questi ultimi, alzando di fatto una barriera nella comunicazione con l'altro o altri. Comunicazione che potrebbero portare in eguale o maggiore misura alla gestione dei propri problemi personali (che sono poi comunque sempre indotti dal modello di vita suggerito e pubblicizzato e di fatto imposto). Il tutto nell'ottica del più classico "divide et impera".
In sostanza quando si prende un animale per compagnia, nella grande parte dei casi, lo si fa per emulazione, moda o per compensare vuoti emotivi. Accade però che, quale che sia il motivo, col tempo le cose cambiano e così le condizioni delle persone, quell'oggetto allora rischia di non apparire più funzionale se non addirittura un "ostacolo" alla propria libertà. Allora la scelta è per lo più istintiva ed egoica, lasciarli da qualche parte tanto sono animali in grado di "cavarsela da soli". Inconsapevoli che non si tratta di un giocattolo e di un capo di abbigliamento che può essere sostituito o cambiato a piacimento, ma di esseri viventi, peraltro ormai disabituati ad una vita totalmente autonoma e autosufficiente.
Chi decide di liberarsi di un animale non ha la sensibilità di chi non lo farebbe per nessun motivo. Quindi pretendere che non si abbandonino più gli animali è assolutamente utopico. Il circolo vizioso è stato innescato da chi aveva interesse a farlo e questi sono gli effetti collaterali. E quando questi effetti si manifestano numerosi e critici, diventano un "problema sociale", ai quali trovare una soluzione, lo stato di Danimarca, in questo caso ha deciso per il male minore, meglio nei recinti ma curati e assistiti, che in giro per le strade.
