Da che parte stare

28.08.2020

Decisamente ingenuo l'appello, lanciato in questi giorni allo Stato, dai governatori e dai sindaci di alcune regioni d'Italia, perché prenda provvedimenti circa la ripresa selvaggia degli sbarchi clandestini.

E' come chiedere al boia di risparmiarti la vita!

Quella dei migranti doveva ed è riuscito a sembrare per diverso tempo un intervento di solidarietà, di aiuto e di integrazione sociale e così è ancora "venduto" da chi governa. In realtà, in base agli ultimi avvenimenti, emerge sempre più evidente lo scopo che sottende a questa narrazione. Con un'emergenza sanitaria in atto e i "contagi in aumento" uno Stato cosa fa? Autorizza sbarchi di migranti clandestini, parte dei quali positivi senza alcun limite o remora.

Incauta follia suicida?

No. Perseverare in questo atteggiamento in un momento così delicato ha l'unico scopo di continuare, meglio accelerare, sfruttando la favorevole contingenza, lo sradicamento delle etnie. All'interno di un progetto più ampio teso a cancellare nelle persone il senso di appartenenza, rendendole omogene e malleabili. Plastilina, molle e amorfa, che può facilmente essere manipolata facendole assumere tutte le forme che si vogliono.

Perché l'umanità diventi morbida plastilina, occorre sciogliere i suoi elementi aggreganti che la cristallizzano nella sua forma attuale. Quali sono questi elementi: l'appartenenza ad un gruppo etnico, essere parte integrante e operativa di una nazione, la collocazione in una zona ben precisa del pianeta. Il senso di appartenenza è alimentato dalla tradizione, dalla storia e dalla condivisione politica del proprio paese di origine. A questi elementi base va aggiunto un altro, raro ma fondamentale, che si genera nel profondo, la consapevolezza della propria essenza "animica" che "sceglie" l'appartenenza come sperimentazione di sé.

Chi arriva in un luogo diverso da quello di origine col tempo perde la propria identità e il senso di appartenenza iniziali (prima ci volevano diverse generazioni, oggi molto meno perché la radice è già fortemente indebolita da un'intrinseca azione auto ed etero logorante), la stessa cosa accade per chi accoglie. Da questo terreno di coltura si forma un soggetto apolide e sradicato, riprogrammabile sotto tutti i punti di vista.

Gli elementi sopra citati, sono vissuti come ostacolo da chi sta sviluppando il progetto di una "Nuova Umanità" in un "Nuovo ordine mondiale" e svolge il ruolo di "demolitore" dello status quo. Di qui la necessità di spostare, mischiare, includere, integrare, abbassare le frequenze (per la parte animica). La storia ci ricorda momenti di integrazione multietnica sinergica, costruttiva e creativa, dettata da iniziative spontanee e con contenuti qualitativamente alti. Quella attuale è indotta manipolata e indirizzata, mediamente di bassa di qualità e di bassa frequenza. La rimozione degli ostacoli prosegue alacremente, in base a step programmati da tempo. L'azione è nascosta da narrazioni di facciata che servono a tenere all'oscuro le masse.

L'accelerazione di questi ultimi mesi sta rendendo sempre più evidente il programma ma le masse sono già sufficientemente ipnotizzate e condizionate per accorgersene. Il velo di Maya di una realtà accattivante inizialmente necessaria ora sta lasciando il posto ad una decisamente più cruenta, basata sulla paura.

Questo processo è irreversibile? Direi necessario, nella misura in cui, come ho accennato in altri miei scritti, funziona da innesco per il cambiamento e la trasformazione. Il punto topico è lo sbocco che avrà questa trasformazione, a che tipo di uomo e a che tipo di società darà vita.

Conoscere cosa sta realmente accadendo dietro a ciò che appare è fondamentale. L'osservazione consapevole e acritica, la capacità di immedesimarsi nella dimensione interiore e mentale di chi dirige il processo, consente di assumere una posizione sostanzialmente neutra, tendenzialmente non duale, che non esclude, però, la possibilità di schierarsi. Schierarsi non significa tifo da squadra o conflittualità con l'altra parte, ma, dall'interno della dinamica stessa, rimanere vigili e consci del contatto costante con la fonte creativa che sottende alla manifestazione.