Incontrare l'altro

M 7, non è una sigla di un jet né una formula chimica, è un pab della nostra città, dove di sabato, e qualche volta anche di domenica, ci fermiamo a prendere un drink, un aperitivo o l'apericena. Anche stasera, quando vi entriamo, gli sguardi degli avventori, si appuntano curiosi e interrogativi su di noi che a differenza degli altri, tutti eleganti e tirati, vestiamo, vestiamo tute da ginnastica di varie fogge e colori. Dopo un pò però, siamo assorbiti letteralmente dalla folla e ci perdiamo nella musica assordante e il vocio caotico, per cui diventiamo degli anonimi avventori anche noi.

Siamo costretti ad urlare, per sovrastare la musica a palla del dj, e poter condividere la sensazione che ci accompagna da quando siamo usciti dal centro; l'energia è salita tutta verso l'alto, spinta, prima da un lavoro di attenzione e concentrazione mentale, e poi da una meditazione guidata sui chakra "alti", in particolare il quinto e sesto. Per rendere meglio l'idea abbiamo tutti la "testa come un pallone". La parte bassa del corpo, invece, è fredda e vuota. Un'ora fa eravamo lì nella hall in più di venti, compresi nove del nostro gruppo, per prendere coscienza, usando l'immaginazione, di come siamo strutturati nel nostro interno, è il paragone usato e quello della città, vedere ognuno di noi come città e poi abitare una città più grande che è la somma di quelle di tutti. Una via immaginativa verso la consapevolezza, un tentativo di comprendere la nostra struttura interiore, usando similitudini e paragoni con una struttura, più vicina all'immaginario collettivo e ancestralmente familiare, la città appunto. Un'aggregazione di individui diversi che si danno delle regole di convivenza e uno scopo, più o meno, comune, da raggiungere. Il passaggio dall'immaginazione strutturale alla dimensione eterica non è agevole, si passa infatti dall'attenzione mentale e la luminosità della sala, al buio e alla immedesimazione nel corpo astrale, l'impatto è forte, faccio fatica a sentire che quest'ultimo è racchiuso in un contesto spazio temporale così articolato come una città mi risulta più facile sentirlo "prigioniero" del corpo fisico che avverto comunque come un contenitore strutturale di cui avere una consapevolezza minuziosa e particolareggiata in modo da individuare vie di "fuga", una finestra, una porta, attraverso le quali uscire e sperimentare dimensioni più sottili. Un nesso con la città lo intravedo ma è presto per dire se c'è una sinergia tra le due vie offerte dai conduttori e soprattutto se questa sinergia innesterà un processo di cambiamento e di trasformazione o si fermerà alla soglia della constatazione e della consapevolezza della nostra struttura interiore, che sarebbe, comunque un risultato non da poco.

Nell'attesa degli sviluppi, mi viene di pensare che stasera, in qualche modo, abbiamo riequilibrato un eccesso di yang prodotto dall'incontro di ieri. Giornata in cui si è lavorato molto sull'espressività corporea, soprattutto nella prima parte, con la fantastica Danza dei 5 ritmi di Ruth, una danza meditazione che attraversa tutto il percorso di vita, dalla nascita alla morte, nella quale si sperimentano e si esprimono, attraverso il movimento le emozioni, le sensazioni, gli stati d'animo e gli spazi energetici corrispondenti alla cinque fasi della vita e ai cinque elementi dai quali è costituita. Un viaggio con continue scoperte, fisicamente impegnativo e con dei feed back che arrivano come pugnalate ad ogni cambio di ritmo. In questo "sondaggio" dei chakra, dal secondo al sesto, ci si accorge subito dov'è "il marcio", per una sensazione di tensione e di blocco, un irrigidimento che toglie il fiato e lega i movimenti. Poco più di trenta minuti che però ti rovistano dentro in modo "feroce".

Al termine della maratona si tira un sospiro di sollievo ma non è ancora finita, il tempo di bere un po' d'acqua e si passa subito ad un altra meditazione impegnativa "Expande in all directions", un viaggio interiore durante il quale si prende atto delle sovrastrutture che ci limitano i movimenti, del condizionamento degli schemi comportamentali, fonte di stress e sofferenza, cito dalla fonte "inizia a sentire che i confini e le mura che hai creato intorno a te si dissolvono. Senti che la vita è insicura e sconosciuta, in continuo cambiamento e imprevedibile, che la morte arriva per tutti, sapendo che l'insicurezza è libertà. Lascia che queste sensazioni ti entrino dentro".

Sono sensazioni dolorose: crollano le certezze, le presunte sicurezze, i principi, non ci sono più punti di riferimento, inizia il processo di dissoluzione. "Alzati in piedi con gli occhi chiusi lasciandoti penetrare da una sensazione di espansione, se vuoi puoi muovere le braccia dolcemente. Come se stessi sotto il cielo aperto, nel vento, nella pioggia, parte di questa esistenza infinita. Senti la vitalità che viene quando i confini si dissolvono. Incominci nel cuore e finisci da nessuna parte".

Qui ci si accorge che qualcosa si dissolve ma, alòlo stesso tempo, qualcos'altro comincia ad espandersi. I confini scompaiono, le mura cadono, il vecchio muore. Lo spazio, quindi, si libera e in quello spazio si inizia a germogliare, si preparano le condizioni per liberare l'energia del seme, la vitalità. Timidamente, si sperimenta questo spazio, con cautela, con timore, ma anche con tanta fiducia.

"Danza sentendo che ti espandi in ogni direzione. Non esiste punto in cui finisci, semplicemente incominci nel cuore e finisci da nessuna parte. Hai un centro ma non hai periferia, la periferia continua ad espandersi, sempre di più. Tutto lo spazio ne è circondato, le stelle ci si muovono dentro, terre nascono e si dissolvono, pianeti sorgono e tramontano. L'intero cosmo diventa la tua periferia"

Questa è la fase della libera espansione senza timore, si è ben ancorati, ci sono le radici, c'è il coraggio, il cuore ora è aperto, attivo. Ci si può muovere e gioire di questa condizione, si è tutto quello che ci circonda e quindi non ci sono più ostacoli o restrizioni, ci si può identificare con il se con la fonte di ogni creazione e con la sua impermanenza. In questo trasformarsi e cambiare c'è il mistero della vita che si rivela in una sensazione estatica.

Nella fase del silenzio tutto questo viene elaborato e vissuto, come un'eco che si ripete, si è immobili, fermi ma tutto ancora è attivo, il corpo giace inerte ma le pulsioni degli atomi continuano a farlo vibrare. Si è lì e si osserva ma al tempo stesso si è ciò che si osserva. Al terzo rintocco dei cimbali che segna la fine della meditazione, nessuno si muove, il corpo è ancora frammentato in infinite molecole, un'esplosione, una spirale centrifuga che a fatica si arresta per ripercorrere la sua fase inversa. Dopo è tutta una festa, si è mossa tanta energia che si è trasformata in gioia reciprocamente donata. Una condizione che vogliamo conservare il più a lungo possibile per cui decidiamo di ritrovarci tutti a cena per continuare a condividerla.

Tutto questo accadeva ieri. Qui stasera, mentre usciamo dal pub e l'aria fresca e il silenzio della piazza ci rigenerano, mi viene subito da pensare che le due esperienze hanno punti in comune, fatto salvo il concetto di città, perché prima di costruire qualcosa, occorre una ricognizione dell'esistente, e fin qui ci siamo, cui deve però seguire una fase di demolizione del vecchio, prima di edificare il nuovo.